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L’intervista

Stefano Pettinari: «La Reggiana è unita, saprà risollevarsi»

Luigi Cocconcelli
Stefano Pettinari: «La Reggiana è unita, saprà risollevarsi»

Calcio Serie B, l’attaccante: «Il mio impegno resta al massimo, ma ho bisogno di giocare»

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Reggio Emilia Le verità di Stefano Pettinari. E la serenità. Quel che colpisce nell’attaccante granata è il sorriso, la tranquillità con cui affronta il discorso sul suo passato e presente in granata. «La serenità- dice- è dovuta al fatto di aver sempre fatto il mio dovere, di avere la coscienza a posto, anche se certe volte cose dette da chi non conosce le cose dal di dentro possono farti male».

Il presente, per iniziare. Come è la condizione?

«Non può essere al 100%: per raggiungerla ho bisogno di giocare, stare in campo, accumulare minuti, ma quando mi è richiesto l’impegno è massimo».

Cosa è mancato di più quando era fuori e doveva allenarsi a parte?

«Premesso che una situazione simile l’avevo vissuta anche a Lecce, non volevo rinnovare il contratto e il direttore mi aveva messo fuori, salvo farmi poi giocare le ultime dieci partite e i playoff. Il rapporto con i compagni è sempre stato ottimo, c’era la frequentazione dello spogliatoio, ma il vivere l’atmosfera del ritiro, del pre-partita è tutta un’altra cosa e quando sono rientrato a pieno titolo ho provato una grande emozione».

I numeri recenti parlano di una Reggiana che fatica a reggere l’impatto con la categoria, preoccupato?

«No, in fin dei conti il campionato scorso a questo punto avevamo più o meno gli stessi punti, prima della vittoria di Palermo non eravamo messi benissimo. Il torneo di serie B è questo, la classifica è cortissima, bastano un paio di successi per trovarti addirittura in zona playoff e nelle nostre condizioni sono in tante».

Cosa le da maggior fiducia?

«Che siamo un gruppo unito, coeso, che lavora tanto, che si allena bene e ha tanta voglia di uscire da questa situazione che drammatica poi non è».

Per caratteristiche il modulo, con una sola punta e uno o due trequartisti si addice alle sue caratteristiche o preferirebbe agire con un altro attaccante a fianco?

«In carriera ho giocato da punta centrale in un 4-3-3, oppure con a fianco un compagno, dipende da quel che ti chiede l’allenatore. A Trapani Castori mi chiedeva di stare in area e fare gol, Nesta, ad esempio, di venire anche incontro, fare da collante. L’importante è fare quel che serve alla squadra».

Veniamo alle dolenti note. Cosa è successo ad un certo punto il campionato scorso?

«A Reggio ero venuto con entusiasmo, neppure iniziato male, avevo giocato le prime quattro partite, segnato due gol, poi un infortunio che si è rivelato più grave e serio del previsto. Ho affrettato i tempi di recupero e prima del match in trasferta con la Feralpi mi sono dovuto arrendere: il dolore era forte, lo staff sanitario aveva un’altra opinione e di lì sono nate incomprensioni, soprattutto con Goretti».

Vero che in estate ricevuto proposte e rifiutate?

«Sì, le ho analizzate con i miei procuratori, non mi convincevano e soddisfacevano a pieno o sotto il profilo tecnico o quello economico».

In città gira la voce che a decidere sia stata soprattutto sua moglie, perché lei ed il figlio a Reggio si trovano benissimo…

«È una barzelletta. La mia famiglia mi ha sempre seguito, sud o nord che fosse, ma prendetela come un complimento perché a Reggio si sta davvero bene».

Essere figlio di un politico (il padre Luciano è stato deputato dell’Ulivo ed eurodeputato per il PD) ha in qualche modo inciso sul suo percorso?

«No, nessun problema. Di certo non mi ha mai dato consigli sul mio mestiere». © RIPRODUZIONE RISERVATA