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«Vincere lo scudetto a Napoli ripaga dieci anni di sacrifici»

«Vincere lo scudetto a Napoli ripaga dieci anni di sacrifici»

Il 44enne tecnico reggiano Elvis Abbruscato è nello staff di Antonio Conte «Mi vengono ancora i brividi per quello che siamo riusciti a compiere»

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Reggio Emilia «A chi crede nei sogni basta un gradino per raggiungere le stelle». L’allenatore reggiano Elvis Abbruscato, collaboratore tecnico nello staff del Napoli di Antonio Conte, ha saputo prima costruire e poi cogliere l’occasione della sua vita per coronare un sogno: vincere lo scudetto.

Che effetto le ha fatto vincere lo scudetto?

«Non ho ancora ben realizzato cosa sia successo, l’impresa compiuta. Anche a distanza di settimane non me rendo conto. Se ci penso mi vengono ancora i brividi ripensando ai dieci anni vissuti in giro per l’Italia alla ricerca di un’occasione per realizzare un sogno. Ritrovarsi a Napoli e vincere subito uno scudetto non era preventivabile per il Napoli in generale, figurarsi per me che sono l’ultimo arrivato. È stato scioccante».

Lo scudetto ritiene è il suo più grande successo professionale della sua carriera?

«Assolutamente, non c’è paragone. Farlo a Napoli poi ha una valenza impressione. Capisco che per chi la vede dall’esterno non è comprensibile. Napoli è una città unica per l’affetto il suo totale coinvolgimento. Se poi penso come è arrivato, mi viene la pelle d’oca».

Avrebbe mai pensato di poter arrivare un giorno a questi livelli?

«Sinceramente l’ho pensato e sognato anche se arrivarci e viverlo è qualcosa di incredibile. Il mio obiettivo è sempre stato quello di arrivare ai massimi livelli e sono convinto che i traguardi non arrivano mai per caso ma per raggiungerli occorre un’ossessione maniacale».

E adesso?

«Si continua a sognare».

Cosa significa far parte dello staff di Antonio Conte?

«Bisogna avere attitudine e ricerca dell’eccellenza, non ci si può mai sedere o fermarsi su ciò che hai fatto. Occorre essere sempre pronti, creativi e determinati. Questo è quello che vuole il nostro allenatore. Non c’è modo di rilassarsi anche perché Conte è il primo ad allenare con determinazione. Ci insegna a ricercare l’eccellenza. Ti devi allineare a lui e anche con coraggio, e umiltà perché nel suo staff vuole persone che esprimano la propria personalità e non dei signorsì».

È stato istruttore di giovani allenatori, oggi cosa si sente di dire loro per coltivare i propri sogni? Come si può arrivare a vincere uno scudetto?

«Che bisogna essere pronti ad ascoltare, ad assorbire tante nozioni e avere voglia di muoversi. Si deve essere pronti a relazionarsi anche con allenatori che lavorano nei dilettanti perché c’è sempre qualcosa da apprendere. Poi ognuno di noi è un predestinato e deve inseguire con tenacia i suoi sogni. Bisogna saper aspettare e non sprecare l’occasione che ti capita in un mondo del calcio difficile e competitivo».

A Reggio ci sono tanti tifosi del Napoli, cosa le hanno detto?

«Napoli è ovunque, i napoletani sono ovunque. I loro sentimenti li ritrovi in ogni città. Quando si parla di napoletanità invadente, non è vero. Nei tifosi ho trovato entusiasmo ed educazione. Perfino il concetto di scaramanzia è superato perché ha lasciato spazio alla grande fiducia e convinzione di potercela fare. Questa narrativa del tifoso napoletano va cambiata: per capire la vera napoletanità occorre conoscere Napoli».

Ha provato più gioia vincendo lo scudetto o in occasione di un suo importante gol? Si possono paragonare queste emozioni?

«Non sono paragonabili. La vittoria dello scudetto è come vivere in una realtà parallela. Nessuno se l’aspettava una cavalcata del genere e in occasione dell’ultima partita c’era una sorta di paura ma anche di curiosità per cosa sarebbe potuto succedere. La festa scudetto di un’intera città è durata 10 giorni. Ci siamo sentiti fuori dal tempo. A Napoli i bambini piangono veramente per l’amore per il Napoli. Dentro lo stadio quando senti l’inno è come ascoltare una poesia che ti entra nella pelle, ne fai parte. Il protagonista è sempre il calcio e come lo vive questa città. Se il Napoli perde, la città è triste perché il napoletano vive per la felicità della sua squadra».

È vero che Napoli offre una dimensione diversa al calcio che non ha mai provato?

«Stiamo parlando di un’altra dimensione. Napoli ti entra nella pelle, non solo nel cuore».

Si dice che i tifosi della Reggiana sono caldi come quelli del sud ma i tifosi napoletani come sono?

«Anima e core. Dalla squadra vogliono percepire un’anima e quando avvertono che ci metti il cuore, ti danno tutto, senza falsi moralismi. Il napoletano è un tifoso vero».

Ha una dedica speciale per questo suo successo?

«Alla mia famiglia, a mia moglie Silvia e ai miei figli Aurora, Diego, Achille e Olimpia che mi hanno sopportato in questi dieci anni in cui ho combattuto e lottato per arrivare a questo. Lo scudetto l’hanno vissuto a distanza ma allo stadio hanno pianto».

Chi deve ringraziare?

«Il mister Antonio Conte. È Antonio che mi ha scelto. Non ero l’unico due anni fa che si era proposto per un colloquio. Mi ha dato questa possibilità e in un anno mi ha trascinato e guidato. È una persona che spero molti allenatori possano incontrare, non dico lavorare con lui ma anche solo conoscere».

Nonostante questo suo importante impegno professionale la sua associazione “Granello di senape” ha continuato la sua opera a scopo sociale.

«Per fortuna mia moglie Silvia e i tanti collaboratori hanno proseguito il percorso. Il Comune ci ha dato una nuova sede e cerchiamo sempre di fare il bene della nostra comunità».

La Reggiana le ha fatto i complimenti per la vittoria del campionato, se l’aspettava?

«È stato un gesto carino e mi ha fatto molto piacere anche se devo dire la verità ero più felice per la salvezza della Reggiana».

Il futuro?

«Voglio ancora vincere attraverso il merito e il lavoro. Il mister Conte ci insegna che dobbiamo raggiungere il successo senza nessun compromesso o negoziazione. Nessuno ci regala niente, tutto deve essere conquistato con l’umiltà e l’impegno».l

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