Nicola Salsi, pallavolista e youtuber si racconta: «La sfida più faticosa? Gestire le emozioni»
L’intervista realizzata, per Scuola 2030, dagli studenti del liceo Spallanzani al giocatore cresciuto nei Vigili del Fuoco Reggio Emilia, arrivato a vincere la Coppa Cev con Modena Volley
Da Reggio Emilia alla Superlega. Una chiacchierata con Nicola Salsi, pallavolista e youtuber (il suo canale conta quasi 10mila iscritti) di Puianello attualmente in forze al Cisterna Volley di Latina. Ha ripercorso con noi la sua carriera, senza nascondere i momenti di fragilità affrontati fin qui, dall’infortunio alla volta in cui pensò di mollare.
L’obiettivo per il futuro?
«Continuare a giocare e riuscire a fare appassionare alla pallavolo tanti ragazzi tramite i social».
Ti va di raccontarci l’inizio della tua carriera? Hai cominciato qui a Reggio Emilia, nella squadra dei Vigili del fuoco. Poi come si è evoluta?
«Ho cominciato ai "Vigili" all’età di 11 anni e inizialmente praticavo più sport - basket e nuoto - ma quando dovetti scegliere su quale attività concentrarmi, a cuor leggero scelsi la pallavolo. Con i Vigili giocammo una partita contro Modena Volley, la quale mi contattò per la stagione successiva e a 15 anni cambiai squadra. Giocavo nel campionato Under 17, ma trovai spazio anche in quelli di Under 19 e Serie C. Ho completato tutto il percorso del settore giovanile con la casacca modenese e, dopo grandi risultati – tra cui la vittoria dello scudetto Under 20 – sono stato promosso in prima squadra in Superlega a 18 anni. Il mio inizio nel "mondo dei grandi" fu parecchio burrascoso: durante il primo allenamento fui colpito all’occhio da una pallonata che mi provocò la rottura parziale della retina».
Come hai gestito emotivamente questo inizio?
«Lo ricordo ancora come un periodo complicato: fisicamente stavo bene, ma non potevo fare alcun tipo di sforzo per non compromettere l’occhio. Per questo motivo, è stato un trauma per me; nel settore giovanile non mi ero mai infortunato e improvvisamente mi trovai fermo ancora prima di iniziare la mia stagione di esordio. Stetti lontano dal campo per tre mesi e non fu facile rientrare».
Come hai deciso di iniziare a raccontare la tua pallavolo e le tue stagioni sportive su Youtube?
«Mi è sempre piaciuto editare i video. Nel 2020 vidi Tommaso Marino, ex giocatore di Serie A2 di basket, iniziare a raccontare la sua vita da sportivo sui social e mi incuriosii. Allo stesso modo, inizialmente, non avevo il coraggio di entrare in questo nuovo ambiente per paura del giudizio degli altri. Quando andai in Austria tutto cambiò. Un nuovo Stato, una nuova cultura e tanto tempo libero mi spinsero a seguire questa mia passione».
Il sogno di tutti i giovani pallavolisti è quello di giocare in Superlega. Tu, che sei abituato a calpestare quel campo, che sogno hai?
«Il mio sogno di partenza era quello di arrivare in Superlega. Dai 14 ai 19 anni non sono mai andato a ballare e tutte le mie giornate erano in funzione della pallavolo. Mi svegliavo la mattina presto per andare a scuola e tornavo la sera tardi dopo allenamento ma la cosa non mi pesava. Ad oggi, il mio obiettivo è quello di continuare a praticare questo sport e di far appassionare i ragazzi tramite i social. Parlo di obiettivo, e non di sogno, perché il sogno è legato alla fantasia, mentre l’obiettivo è una cosa concretizzabile ed io voglio concentrarmi su questo».
Noi studenti del liceo scientifico sportivo Spallanzani quest’anno abbiamo affrontato il tema dell’ansia da prestazione e vorremmo farti due domande sulla tua esperienza personale. Come affronti l’ansia pre partita? E, di fronte a un momento di difficoltà durante la gara, come reagisci?
«Per rispondere vi racconto com’è andato il mio esordio in Champions League, al rientro dall’infortunio all’occhio. La prima palla che scelsi di alzare era complicatissima ed uscì in maniera pessima. In quel momento ero molto in ansia: non avevo sensibilità nelle mani perché non ero in grado di sopportare la pressione. Probabilmente, la gestione emotiva è la più difficile da allenare. In allenamento non bisogna limitarsi a stare nella propria zona di comfort, anzi, si deve giocare sotto pressione. Solo così è possibile prepararsi mentalmente alla partita. Durante la gara, la situazione è differente; personalmente, mi concentro su cosa devo fare tecnicamente e, in tal modo, non ho neanche il tempo di sentire l’ansia».
Quando subentri dalla panchina in una situazione di difficoltà come ti senti? Vale di più la soddisfazione di essere arrivato lì o la frustrazione di non essere entrato prima?
«Sicuramente, essendoci in ognuno di noi un po’ di egoismo, come prima cosa ti interroghi su come mai il mister non ti abbia fatto entrare prima. Se pensi a queste cose, però, non riesci ad aiutare la tua squadra. Se l’allenatore ha fatto un cambio è perché crede in te quindi non ha senso sprecare energie mentali per comprendere le sue scelte precedenti. Quando ero ragazzino, mi soffermavo molto su queste dinamiche che non dipendevano da me... e che mi portavo anche fuori dalla palestra. In questo senso, Youtube mi ha aiutato soprattutto a distrarmi e imparare a non dare importanza a ciò che non posso controllare. Dipende da me come mi alleno, quanto miglioro e come affronto la partita. Il mio compito è far capire al coach che può fidarsi di me».
Nella pallavolo esiste la figura del mental coach?
«Sì, noi abbiamo un mental coach. Normalmente, nelle squadre professionistiche, è presente. Credo che sia una figura importantissima, perché tutti in Serie A hanno la tecnica, ma quello che può fare la differenza è la gestione delle emozioni e dell’ansia; in questo il mental coach può essere fondamentale perché ti dà gli strumenti, ma a lavorare davvero su te stesso puoi essere solo tu».
C’è mai stato un momento in cui hai pensato di lasciare la pallavolo?
«Assolutamente sì. Ho pensato di smettere quando giocavo a Siena, nell’anno del Covid. Le partite erano senza pubblico, giocavamo poco, e gli spostamenti erano molto difficili. Siena decise di scambiarmi e di mandarmi al Lagonegro, squadra ultima in classifica. L’ho vissuto come un fallimento personale, mi sentivo solo e ho pensato seriamente di smettere. Al termine della stagione mi sono riposato e, dopo aver trascorso l’estate con la mia famiglia, ho deciso di ritornare a Modena. Penso di aver fatto un’ottima scelta. Ora, con il senno di poi, penso che quella stagione mi abbia insegnato tanto; ho capito che, nella vita, non bisogna ripensare alle scelte del passato, ma concentrarsi sul presente, per non commettere gli stessi errori in futuro».
*Studenti del liceo Spallanzani