Gazzetta di Reggio

Il ritorno della Bandabardò «Qui la nostra seconda casa»

Cristina Fabbri
Il ritorno della Bandabardò «Qui la nostra seconda casa»

La band sarà al Fuori Orario venerdì per la tappa finale del tour «Proporremo vecchi brani e diverse nuove canzoni da “L’improbabile”»

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GATTATICO. «Chiuderemo il tour nel nostro covo dell’anima, la nostra seconda casa: il Fuori Orario. Qui abbiamo suonato almeno una decina di volte, anche con date doppie. Qui c’è la gente più schietta e sincera che ci ha amato sin dall’inizio. Torniamo sempre volentieri, poi si mangia così bene dalle vostre parti. Una cosa però non l’abbiamo ancora capita: il lambrusco versato dentro i cappelletti in brodo, così come ha sempre fatto Franco Bassi. Sappiamo che è una vostra tradizione ma i cappelletti sono così buoni che… questa poi ce la dovete spiegare».

Scherza Enrico “Erriquez” Greppi, leader della Bandabardò, la band fiorentina che venerdì 26 settembre (ore 22.30, Area Treni) arriva sul palco del Circolo Arci di Taneto per chiudere il tour di presentazione del nuovo album di inediti “L'improbabile” uscito a giugno e presentato in giro per l’Italia. Con oltre mille concerti e ventuno anni di attività, la Bandabardò può dirsi una delle live band più vitali in Italia.

Cosa ci proporrete?

«Veniamo a festeggiare la fine del tour più difficile, un po’ per il brutto tempo, un po’ per alcuni problemi familiari. Ma, come spesso accade, le cose più difficili sono anche le più belle: è arrivato dopo due anni che non suonavamo. Vedere tutta quella gente, lì per noi, ci ha riempito di gioia. Ecco perché un tour così importante lo vogliamo chiudere nel locale che forse amiamo di più, il Fuori Orario. Proporremo brani che ripercorrono un po’ la nostra carriera, dal ’93 a oggi, con diverse canzoni del nuovo disco».

Poi ormai siete di casa.

«Il Fuori Orario è un luogo che fa bene alla musica, tant’è che io ci sono venuto varie volte anche a vedere dei concerti di altri gruppi. Poi la gente che ci accoglie, reggiana e parmigiana, ci segue da sempre, ci ha spalancato le braccia quando eravamo agli inizi e ci segue con entusiasmo ancora oggi. Ogni volta è una festa».

Oltre vent’anni di carriera vi hanno cambiati?

«Abbiamo un po’ di capelli in meno e, come dice il nostro amico Piero Pelù, il corpo cambia. Siamo cresciuti insieme, alcuni di noi hanno perso i genitori e “acquisito” dei bambini. Ma per il resto siamo cambiati poco, anzi niente. Siamo rimasti noi stessi: chi era caparbio è rimasto caparbio, chi era sognatore è rimasto tale. La vita che sognavamo da bambini è quella che facciamo e la voglia di fare non ci manca ancora oggi».

Oggi c’è un boom di talent musicali, cosa ne pensate?

«La musica ha sempre previsto due strade, una di queste è sempre stata quella della tv e della radio. Personalmente ritengo che i talent dovrebbero essere riservati a chi scrive musica, perché di gente che canta bene ce n’è tanta. Ecco mi piacerebbe che X Factor facesse questo».

Un consiglio a chi vuole fare buona musica oggi.

«Bisogna cercare un proprio linguaggio originale, andare in giro a proporlo. La gavetta non è facile, ci vuole una pelle dura. Ma dà anche tanto. Non basta fare una canzone di successo per durare. Bisogna investire anche sul rapporto con le persone, con il pubblico, tornare a trovarlo. Noi ad esempio quando abbiamo iniziato tutti ci davano dei pazzi: puntammo sul tornare all’antico, sul suonare nei locali».

Progetti in cantiere?

«Stiamo per realizzare le musiche di un film documentario dedicato al cinema fiorentino “L’universale”. Faremo anche le comparse. Un altro sogno che si realizza».