Un film sulle ex officine Reggiane al Festival internazionale di Nyon

di Adriano Arati
Un film sulle ex officine Reggiane al Festival internazionale di Nyon

“Ogni opera di confessione” di reggiano non ha solo il contenuto. Uno dei due registi è Mirco Marmiroli, 32enne di Casalgrande

01 maggio 2016
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CASALGRANDE. Dalle Reggiane al festival internazionale di Nyon. Sono giorni ricchi di soddisfazione per Alberto Gemmi e Mirco Marmiroli, i registi del documentario “Ogni opera di confessione” dedicato al mondo che oggi popola l’enorme area delle ex Officine Reggiane, fra Santa Croce e via Agosti.

“Ogni opera di confessione”, realizzato nel 2015, è stato selezionato alcuni mesi fa per “Visions du Réel”, il festival internazionale cinematografico di Nyon in Svizzera, uno dei principali appuntamenti mondiali per i documentari. Il lavoro reggiano è stato inserito nella categoria competitiva Regard Neuf e proiettato in anteprima il 15 e il 16 aprile. Gemmi e il reggiano Marmiroli – originario di Casalgrande – hanno partecipato al festival assieme a buona parte del cast, prendendo parte anche a un forum con altri autori, moderato dal direttore del festival Luciano Barisone. «Il riscontro di pubblico è stato buono, soprattutto alla seconda visione. Parlando con chi l’ha visto, la cosa importantissima è che il film è stato capito e recepito in tutte le sue sfumature – raccontano adesso i due registi –. Il direttore del festival si è complimentato con noi, elogiando la maturità dell’opera, pur essendo il primo film realizzato».

“Ogni opera di confessione” è figlio di due anni di ricerca sulla vastissima area delle Reggiane, per decenni orgoglio cittadino, teatro di lotte sociali e politiche e fucina di innovazioni e mezzi vendutissimi, fra cui il leggendario trattore R60 costruito durante l’occupazione di inizio anni ’50. E ora completamente mutata, fra rovine e la presenza di decine persone che la utilizzano come dimora di fortuna. L’obiettivo è mettere a fuoco «le relazioni e le memorie che scaturiscono dalla penetrazione in uno spazio vuoto, di cui viene raccontata un passato glorioso ma soprattutto un presente in costruzione». Al centro «si trova una grande città-officina disabitata, un rottame del Novecento che rimane spiaggiato, inanime alla fine di un lungo corso. Ma nei vuoti si aggirano personaggi, brulicano protagonisti come residui di una grande storia».