Un film sulle ex officine Reggiane al Festival internazionale di Nyon
“Ogni opera di confessione” di reggiano non ha solo il contenuto. Uno dei due registi è Mirco Marmiroli, 32enne di Casalgrande
CASALGRANDE. Dalle Reggiane al festival internazionale di Nyon. Sono giorni ricchi di soddisfazione per Alberto Gemmi e Mirco Marmiroli, i registi del documentario “Ogni opera di confessione” dedicato al mondo che oggi popola l’enorme area delle ex Officine Reggiane, fra Santa Croce e via Agosti.
“Ogni opera di confessione”, realizzato nel 2015, è stato selezionato alcuni mesi fa per “Visions du Réel”, il festival internazionale cinematografico di Nyon in Svizzera, uno dei principali appuntamenti mondiali per i documentari. Il lavoro reggiano è stato inserito nella categoria competitiva Regard Neuf e proiettato in anteprima il 15 e il 16 aprile. Gemmi e il reggiano Marmiroli – originario di Casalgrande – hanno partecipato al festival assieme a buona parte del cast, prendendo parte anche a un forum con altri autori, moderato dal direttore del festival Luciano Barisone. «Il riscontro di pubblico è stato buono, soprattutto alla seconda visione. Parlando con chi l’ha visto, la cosa importantissima è che il film è stato capito e recepito in tutte le sue sfumature – raccontano adesso i due registi –. Il direttore del festival si è complimentato con noi, elogiando la maturità dell’opera, pur essendo il primo film realizzato».
“Ogni opera di confessione” è figlio di due anni di ricerca sulla vastissima area delle Reggiane, per decenni orgoglio cittadino, teatro di lotte sociali e politiche e fucina di innovazioni e mezzi vendutissimi, fra cui il leggendario trattore R60 costruito durante l’occupazione di inizio anni ’50. E ora completamente mutata, fra rovine e la presenza di decine persone che la utilizzano come dimora di fortuna. L’obiettivo è mettere a fuoco «le relazioni e le memorie che scaturiscono dalla penetrazione in uno spazio vuoto, di cui viene raccontata un passato glorioso ma soprattutto un presente in costruzione». Al centro «si trova una grande città-officina disabitata, un rottame del Novecento che rimane spiaggiato, inanime alla fine di un lungo corso. Ma nei vuoti si aggirano personaggi, brulicano protagonisti come residui di una grande storia».