Il sipario dell’Ariosto torna ai reggiani
Reggio Emilia, lo storico teatro è tornato al suo antico splendore dopo il restauro del velario realizzato da Anselmo Govi
REGGIO EMILIA. Lo storico Teatro Ariosto è tornato al suo antico splendore. Una vera gioia, perché può proporre un volto profondamente rinnovato (il sipario è in tutti i sensi un autentico biglietto da visita) e con l'orgoglio di sapere che sono stati i nostri concittadini a dargli le energie per l'importante restauro.
I lavori hanno comportato un impegno di 60mila euro, due terzi dei quali (39.502 euro) sono appunto il frutto di donazioni e i restanti 20.498 euro li ha messi a disposizione, per ora, la Fondazione I Teatri. Per ora, perché la raccolta di fondi prosegue attraverso erogazioni a favore della Fondazione I Teatri di Reggio Emilia che danno diritto ad un credito d'imposta, pari al 65% della somma versata, da valersi nel triennio successivo.
I lavori di recupero, che potranno essere finalmente ammirati da tutti i reggiani, sono stati curati da R.T. Restauro Tessile di Albinea con Elisabetta Ghirardini e Cristina Lusvardi che hanno analizzato ogni centimetro del gigantesco telo dipinto da Anselmo Govi nel 1927 con la tecnica della tempera su tela di cotone.
Il sipario, di grande suggestione, offre l'immagine di Ludovico Ariosto mentre legge i suoi versi ad una ideale corte di nobildonne, letterati ed artisti, riuniti nel giardino del Mauriziano, villa materna e residenza reggiana del poeta.
Il giardino è raffigurato da Anselmo Govi come uno scrigno che raccoglie testimonianze dell'arte antica con la musa delle arti Tersicore che sorveglia le lieta conversazione degli illustri personaggi presenti: Malaguzzi, Sannazzaro, Vittoria Colonna, Michelangelo, Veronica Gambara, Baldassarre Castiglione, Pietro Aretino, Pietro Bembo, Isabella d'Este.
Otto i teli di cotone preparati da Anselmo Govi insieme ai propri collaboratori, pittori reggiani del tempo, con probabile ripartizione delle competenze fra chi eseguiva le figure, chi il paesaggio, chi il decoro geometrico. C'è tra l’altro una armatura a tela di larghezza variabile e l'assemblaggio è rinforzato sul retro e sui lati perimetrali da un cinturino di juta mentre fasce orizzontali sono servite per alloggiare le aste di movimentazione quando, nel momento dell'alzata, veniva ripiegato in tre parti.
Sulla sinistra è ben visibile un marchio con il disegno di un agricoltore che sta vangando che reca la scritta “Vera tela del lavoratore n.2-1/2 questa qualità non è genuina se non porta la nostra sigla”. Il logo, però, purtroppo non è riconoscibile.
Lo storico sipario ritrovato è rimasto ripiegato su se stesso dal 1981 per ben quindici anni e poi arrotolato sino al 2015 quando è iniziato l’importante e doveroso restauro; da questo ripiegamento derivano sia la formazione di pieghe che la caduta di parte della pellicola pittorica. I danni maggiori sono avvenuti però nella parte centrale dove scorreva l'asta di movimentazione in seconda; rilevati inoltre diversi fori fatti per l'inchiodatura dell'asta stessa. Anche i cinturini hanno causato qualche perdita di colore insieme ai sedimenti di polvere, all'assorbimento di umidità e ad alcune toppe non perfette. Ora, però, è tornato a brillare.
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