Gazzetta di Reggio

Nel "Paradiso" di Angelo Rizzoli

Andrea Vaccari
Nel "Paradiso" di Angelo Rizzoli

L’editore amava Brescello, il paese lo ricorda con una mostra

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BRESCELLO. È stato uno dei “cumenda” più importanti d’Italia e capostipite di una storica famiglia di imprenditori italiani. E con Brescello ha avuto un legame speciale tanto che, a distanza di circa 60 anni dalla produzione di due storici film del ciclo di Don Camillo, il paese gli dedica una seconda mostra fotografica richiamando cittadini, visitatori e amanti del cinema.

Soggetto di questa esposizione è l’editore e produttore Angelo Rizzoli, immortalato in 35 scatti provenienti dall’archivio storico Rcs di Milano, materiale utilizzato da rotocalchi e riviste degli anni Cinquanta e Sessanta, nelle quali sono documentati numerosi incontri di Rizzoli con personalità del mondo dello spettacolo, del cinema, della cultura e della società italiana dell’epoca.

Le immagini proposte testimoniano la ricchezza dei contesti e delle relazioni che il patron milanese intratteneva nella sua prolifica attività, nonché il ruolo illuminato che i produttori rivestivano a quel tempo nella promozione della cultura, nell’investimento verso il cinema, spesso con scelte innovative e coraggiose. Non a caso il nome di Rizzoli, attraverso la celebre casa “Cineriz”, accompagna la produzione di film non ortodossi, colti e complessi, che hanno poi fatto la storia del cinema mondiale, come “Deserto Rosso” di Michelangelo Antonioni e “La Dolce Vita” di Federico Fellini.

A Brescello Rizzoli viene però soprattutto ricordato con affetto e gratitudine per il contributo che diede alla prosecuzione delle produzioni cinematografiche su Don Camillo e Peppone. Dopo gli intramontabili film firmati da Julien Duvivier, nel 1955 produsse infatti “Don Camillo e l’Onorevole Peppone” e nel 1961 “Don Camillo monsignore… ma non troppo”, lasciando indelebili memorie nel paese, nonché testimonianze concrete nel paesaggio locale, che possiamo ammirare ancora oggi. Basti solo pensare al protiro della chiesa di Santa Maria Maggiore – la chiesa del paese e del Cristo parlante che sorge in piazza Matteotti – edificato appositamente per il film del 1955.

Le cronache raccontano anche fatti curiosi. Pare che Rizzoli si recasse molto volentieri a Brescello poiché apprezzava i film e aveva un debole per Guareschi («Al contrario non l’ho mai visto sul set di “La dolce vita di Fellini», raccontò l’attrice Valeria Ciangottini, interprete di “Don Camillo Monsignore… ma non troppo”).

Così, insieme a Rizzoli, perennemente con la sigaretta in bocca, in queste foto si possono incontrare gli amati Gino Cervi e Fernandel, come tutta una schiera di spalle e comprimari d’eccezione. Ma anche Walter Chiari, Gina Lollobrigida, lo stesso Fellini, Montanelli, Rosi, personaggi di spicco della politica e delle istituzioni, quali Fanfani e De Gasperi. Le immagini sono corredate da didascalie composte con l’aiuto dell’archivio Rcs, che nel 2011 concesse il materiale alla Fondazione di Brescello.

La mostra, aperta al pubblico fino al 7 gennaio, vuole anche porsi come preludio al 2018, prossima occasione per il ricordo della nascita, nel 1908, e della morte, nel 1968, di Giovannino Guareschi, per tornare a sottolineare anche il rapporto che si venne a creare tra l’autore dei personaggi delle novelle e dei film e di colui che ha contribuito a rappresentarli sul grande schermo, tra lo scrittore e vignettista di Fontanelle e l’editore del Candido e del Bertoldo.

L’allestimento è stato realizzato dalla Fondazione “Paese di Don Camillo e Peppone” in collaborazione con il Centro documentazione Rcs Periodici, che ha concesso l’uso delle foto, con il prezioso aiuto di Ezio Aldoni, Virginio Dall’Aglio e con la Pro loco, ed è un’iniziativa complementare al sistema museale locale dedicato non solo al “mondo piccolo” dei film, ma anche al territorio della Bassa, all’area del Po, alla storia e alle tradizioni emiliane di questo angolo di Pianura Padana.