Gazzetta di Reggio

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La regista Sara Pozzoli racconta “La zucca e il grande fiume”

Sandra Campanini
La regista Sara Pozzoli racconta “La zucca e il grande fiume”

«Adesso vivo a Roma ma a Reggio sono cresciuta e non dimentico le mie origini Anche perché senza radici non si può volare»

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REGGIO EMILIA. Sara Pozzoli è una regista che ha vissuto per anni nella nostra città. Da tempo si è trasferita a Roma dove lavora nel cinema. In questi giorni Rai 3 ha mandato in onda un suo documentario, intitolato “La Zucca e il grande fiume”, tutto ambientato nella bassa padana.«Spesso da bambina – racconta la regista – andavo con la mia famiglia sul fiume Po. Lo ricordo con meraviglia e fascinazione». La Bassa è una terra dal fascino indiscutibile, famosa per la buona cucina, è rinomata per la squisitezza delle sue zucche, che riescono a raccogliere qui il meglio della dolcezza, grazie al terreno fluviale. Con la zucca si possono preparare mille ricette diverse. Ne sa qualcosa Arneo, conosciuto in zona come “l’imperatore della zucca”. Nel film di Sara Pozzoli lo seguiamo in cucina mentre prepara un paio di ricette e sceglie le zucche nei campi dei suoi amici contadini. Pescatori, barcaioli e artigiani che intagliano zucche fanno da sfondo a questo racconto che ha luogo nelle terre che videro come protagonisti anche Antonio Ligabue e Cesare Zavattini. Il documentario è visibile su: www.raiplay.it.

Da anni vive lontano da Reggio, come mai ha deciso di tornare a casa per girare questo documentario?

«A Reggio sono cresciuta e ho studiato fino al liceo. Mi piace ritornare qui ogni tanto, oltre che per vedere la mia famiglia e i miei amici anche per girare qualche documentario. Da sempre questa terra mi ha ispirata ed è parte del mio immaginario».

Lucia Poli è la narratrice di questo viaggio nella bassa padana. Come mai?

«È una cara amica e ho molta stima di lei e del suo lavoro. Le sono particolarmente grata per aver accettato di essere la voce narrante di questo documentario. La sua voce e la sua interpretazione credo aiutino molto lo spettatore ad entrare nel racconto».

Andare da Nizzoli, varcare l’ingresso di quel locale, è una sorta di viaggio nel tempo. Sui muri le foto di Zavattini e della troupe di Novecento. Lei è entrata nella cucina dell’imperatore della zucca. Ci può raccontare qualcosa di questo viaggio?

«È stata una grande emozione per me ritornare da Arneo. Da bambina spesso andavo con la mia famiglia sul fiume Po. E in speciali occasioni, il compagno di mia madre, a cui dedico questo documentario, ci portava a mangiare in un posto che lui amava molto, da Nizzoli a Villastrada. Arneo, si sa, è sempre stato famoso per le sue prelibatezze. Poter entrare nella sua cucina oggi è stato un grande privilegio».

Da anni vive a Roma e si occupa di cinema. Qui in zona però aveva già firmato un documentario su Giovanni Lindo Ferretti, “Echi di pietra”. E se ricordo bene uno dei suoi primi lavori era dedicato ai siluri del Po... Insomma è una sorta di ritorno alle origini?

«Come si possono dimenticare le proprie origini? C’è un libro che mi piace molto che si intitola “Senza radici non si vola”. A Reggio sono cresciuta ed è naturale che questa terra sia dentro di me e che ogni tanto mi richiami per raccontarla».

Che tipo di storie ama raccontare?

«Amo realizzare ritratti di persone che hanno qualcosa di importante da dire. In questo momento, ad esempio, sto finendo di montare il ritratto di una sciamana nativa americana, che ho girato negli Usa e che sto finanziando con una raccolta fondi su Gofundme. Credo che il cinema possa essere una medicina per il cuore, gli occhi e l’anima di chi lo vede. Per me è sempre più chiaro che questa è la direzione». —