“La meccanica del cuore” in scena al Piccolo Orologio tra giochi d’ombra e atti di eroismo
Reggio Emilia, Marco Maccieri del MaMiMò: «Una sfida con cui riportiamo a casa Fabrizio Montecchi e Teatro Gioco Vita»
REGGIO EMILIA. Un letto sfatto. Tutt’attorno tappeti, cornici vuote, scampoli di stoffa, valigie. Oggetti che la vita quotidiana si dimentica qui e là, passando. E poi strane figure intagliate nel cartone: ingranaggi di orologi, un bambino, una signora dall’estrosa capigliatura che tiene in braccio un neonato. In un angolo c’è una ballerina: non ha le gambe, ma un piedistallo; al posto delle braccia ha ganci in grado di tenere in ordine bracciali e collane.
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Marco Maccieri e Fabrizio Montecchi (il primo è attore, regista, insegnante e direttore artistico del MaMiMò, l’altro è regista e scenografo di Teatro Gioco Vita) sono persi in questo disordine, e sono indaffarati. Mentre gli attori sono andati a rifocillarsi, loro continuano ad aggiustare la scena. Siamo capitati nel mezzo delle prove, dove nasce la magia.
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«E di magia si tratta – assicura Marco Maccieri – perché lo spettacolo che stiamo preparando, e che debutterà il 1° marzo al Piccolo Orologio, inizia nella notte più fredda del mondo, quando in una vecchia casa in cima alla collina più alta di Edimburgo il piccolo Jack nasce con il cuore completamente ghiacciato. Per salvarlo la bizzarra levatrice Madeleine, dai più considerata una strega, applicherà al suo cuore difettoso un orologio a cucù».
Per “La meccanica del cuore”, tratto dall’omonimo romanzo di Mathias Malzieu, il MaMiMò ha chiesto aiuto al Teatro Gioco Vita, compagnia rivoluzionaria nata nel 1971 e che, dalla fine degli anni ’70, lavora con le ombre. Sul palco di via Massenet, dunque, attori in carne e ossa dialogheranno con sagome della fantasia, ricreando le atmosfere gotiche e poetiche del libro.
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«Le ombre – spiega Fabrizio Montecchi, reggiano, entrato in Teatro Gioco Vita nel ’77 quando la compagnia lavorava al Municipale – aprono alla memoria e alla dimensione più favolistica del racconto, portandoci nel passato quasi mitico dell’origine del protagonista; ma accompagnano anche il presente della storia, momenti particolarmente poetici, incontri amorosi...».
Per realizzare le ombre come si fa? Usate macchinari speciali?
«Parlare di macchinari fa venire in mente qualcosa di molto tecnologico, ma ombre tecnologiche non esistono. L’ombra è sempre l’incontro di una luce con un corpo opaco e dunque è un fenomeno estremamente semplice che può essere utilizzato, ad esempio nel teatro d’ombra, a scopi espressivi. Ovviamente esistono tecniche molto diverse che vanno dalla proiezione del corpo degli attori fino all’utilizzo di sagome che sono ritagliate nel cartone o nella plastica».
Cosa cambia?
«Materiali diversi permettono di andare oltre le possibilità dell’ombra, sviluppare il colore, la trasparenza. Le ombre solitamente sono nere, ma nel teatro d’ombre contemporaneo, il nostro, c’è questa licenza espressiva. In pratica noi usiamo anche figure di luce».
Quindi siete voi a realizzare queste sagome, scegliendo di volta in volta che materiale utilizzare?
«Sì, il lavoro lo svolgiamo io e Nicoletta Garioni, una delle figure di riferimento della compagnia. Lavoriamo assieme da più di vent’anni».
Ma lei come è diventato creatore di ombre?
«La domanda giusta sarebbe: “Perché hai continuato a farlo per quarant’anni?”. Avevo 17 anni quando ho iniziato e a quell’età le cose le fai per gioco, per scommessa, perché ti diverti, perché magari ti innamori... insomma non è stata una scelta consapevole, non avevo nessuna idea di cosa fossero le ombre. Anche Teatro Gioco Vita ha iniziato un po’ per azzardo, senza sapere cosa stava facendo. Ci siamo autoformati, stimolati dall’incredibile periodo culturale in cui ci trovavamo, e pian piano, passando tante ore in laboratorio, abbiamo capito che stavamo guardando un orizzonte che si andava sempre più allargando, che il teatro d’ombre non aveva quei limiti che di solito gli venivano riconosciuti, ma in realtà era un terreno da esplorare e dunque abbiamo continuato. È diventata la nostra poetica, la nostra vita, senza che noi ce ne accorgessimo. Non potrei fare teatro, se non così».
Insomma, Maccieri, le sfide non piacciono soltanto a voi...
«Meno male che è così (ride, ndr). Era qualche anno che volevamo riprendere il lavoro fatto con “L’isola del tesoro”, cioè fare un teatro popolare, ma anche colto, che potesse richiamare le famiglie senza essere uno spettacolo per famiglie, ma per adulti. Cercare la collaborazione di Teatro Gioco Vita è stato molto naturale, non potevamo lavorare se non con loro».
Come mai avete deciso di portare in scena proprio questo testo?
«Siamo incappati nel libro per caso, a causa di un ritardo del treno... e abbiamo capito che era quello che cercavamo. La storia è ambientata in un mondo che consente alcuni artifici teatrali importanti: come Tim Burton, nei suoi film, inventa mondi così gotici e così strani per permettere a sentimenti come la tenerezza di esistere e non essere banali o blandamente romantici, ecco che questo libro permette di parlare di alcune cose importanti senza scadere nei cliché. Anzi, cercando di portare il pubblico in un mondo alternativo. Che era poi quello che faceva Shakespeare quando doveva creare delle opere teatrali che non erano opere politiche ma umane, e parlavano di problemi esistenziali. In quei casi ecco che andava a Venezia, per esempio, o nel regno fantastico di Sicilia e Boemia... luoghi che per lui erano quasi fantasy. Con “La meccanica del cuore” racconteremo atti di coraggio, atti di viltà, atti anche familiari che nella vita di tutti i giorni passano cinicamente sotto l’etichetta della “vita quotidiana” e qui, invece, diventeranno atti di eroismo individuale».
Come a dire: forza, costruiamo insieme un mondo migliore.
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INFORMAZIONI
“La meccanica del cuore”, una produzione del MaMiMò e di Teatro Gioco Vita, debutterà venerdì 1° marzo (ore 21) al Teatro Piccolo Orologio, in via Massenet a Reggio. Repliche sono previste sabato 2 marzo alle 21, domenica 3 marzo alle 17, e poi di nuovo venerdì 8 marzo alle 21, sabato 9 marzo alle 21 e domenica 10 marzo alle 17.
L’adattamento è di Marco Maccieri, la regia dello stesso Maccieri con Angela Ruozzi. Le sagome, le scene e le ombre sono a cura di Nicoletta Garioni e Fabrizio Montecchi; le luci di Fabio Bozzetta; i costumi di Nuvia Valestri. In scena Fabio Banfo (nei panni di Meliès), Cecilia Di Donato (Madeleine) e Paolo Grossi (Jack). Lo spettacolo è tratto dall’omonimo romanzo di Mathias Malzieu e presenta il protagonista adulto, non bambino. Per info e prenotazione biglietti: www.mamimo.it, biglietteria@teatropiccolorologio.com oppure 0522-383178. —