“1 meter closer”, Aterballetto e un nuovo modo di fare spettacolo
La videocreazione coreografica firmata da Diego Tortelli e Valeria Civardi con la musica di Federico Bigonzetti ci porta dentro le case dei danzatori
REGGIO EMILIA
L’idea già apparsa inaccepibile per originalità, coerenza e ricchezza di rimandi, ha avuto un’attuazione davvero interessante e una resa al di là delle aspettative. Così “1 meter closer” la videocreazione coreografica di Aterballetto che ha debuttato su Rai 5 l’altra sera (si può rivedere su youtube) fa centro. È un attimo cadere nel banale quando sono contemporaneamente in gioco musica, danza moderna e riprese video. Non è il caso del lavoro creato da Diego Tortelli e Valeria Civardi e la differenza l’ha fatta soprattutto un uso magistrele della telecamera il cui ruolo appare quello di un personaggio invisibile ma vero che crea ritmo e movimento, giocando sia con gli sguardi dei danzatori sia con gli spettatori. La telecamera presentandosi come un maestro concertatore, con il potere di mettere tutto (o niente) a posto, “ingombra” a tal punto che sembra voglia raccontare una storia precisa tanto riesce ad unire le varie sequenze ambientate nelle case dei danzatori. La musica di Federico Bigonzetti s’insinua in modo duttile in questo gioco d’immagini e sguardi o di oscuramenti improvvisi, facendo da collante nella sua variegata espressività. Con questi ingredienti così ben mixati per venti minuti – tale è la durata di “1 meter closer”– lo sguardo dello spettatore s’incolla allo schermo, fin dall’inizio. Scorrono ancora i titoli di testa quando Philippe Kratz buttato per terra in fondo a una scala tutta bianca, è impegnato in una danza fatta di spasmi, movimenti spezzati da automa per poi idealmente duettare a distanza con uno splendido Hector Buddla collocato in un garage spettrale. Un po’ si allenta la tensione quando ci è concesso guardare qualche ameno sfondo: ad esempioi il bel giardino di ulivi da cui emerge la danza tersa di Damiano Artale per ritornare su un balcone aperto dove la coppia Roberto Tedesco e Serenza Vinzio è impegnata in un duetto simbiotico di corpi accartocciati. La fine tuttavia è come l’inizio: si ritorna infatti da Kratz, come se tutte le sequenze precedenti fossero partite dalla sua mente. La compagnia dimostra una straordinaria duttilità e Tortelli possiede competenza, fantasia e un modo di costruire la danza improntato alla coerenza nonostante la spietata quanto inappuntabile telecamera della Civardi, scrutando in ogni angolo, può e quasi minaccia di ribaltare tutto. Ciò non si verifica, tuttavia succede ugualmente qualcosa. Come se si fosse inventato uno nuovo genere di spettacolo. —