Gazzetta di Reggio

L’iniziativa

Un inedito Zavattini alla Panizzi tra intimità e impegno per la pace

Giovanni Guidotti
Un inedito Zavattini alla Panizzi tra intimità e impegno per la pace

Questa mattina in biblioteca la presentazione dei Diari (1941-1958)

01 ottobre 2022
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Reggio Emilia «Dunque per me la guerra… nella sua essenza è la somma dei nostri quotidiani errori». Questa lucida riflessione, che risale al primo gennaio 1944, è contenuta, insieme a innumerevoli altre, nei libri “Cesare Zavattini. Diari (1941-1958)” e “La pace. Scritti di lotta contro la guerra”, editi da La nave di Teseo, a cura di Valentina Fortichiari e il primo anche di Gualtiero De Santi, autori di numerosi saggi e impegnati nelle attività di valorizzazione del fondo archivistico zavattiniano conservato alla Biblioteca Panizzi.

I Diari, che verranno presentati oggi alle 11 nella Sala Planisfero della Panizzi (via Farini 3) da Valentina Fortichiari in dialogo con Alberto Ferraboschi (responsabile degli archivi contemporanei della biblioteca), e a cui seguirà un’altra pubblicazione dedicata ai diari degli anni successivi al ‘58, è frutto di un lungo lavoro di selezione e riordino effettuato dai curatori su una grande quantità di documenti inediti, da dove emergono, in un continuo rimuginio e ripensamento, nuovi aspetti della personalità del luzzarese. Cesare, per gli amici Za, incomincia a tenere un diario il 14 gennaio 1941, a 39 anni, impegnandosi a redigere almeno dieci righe al giorno e continuerà a compilarlo fino a tarda età. «La diaristica – annota – è forse l’atto più profondo di umiltà che ho compiuto nella mia carriera alla ricerca della cosiddetta verità», in un «viaggio verso l’archetipo del proprio io», come precisa nell’introduzione la Fortichiari.

Zavattini è animato da una grande curiosità e dal continuo desiderio di creare e sperimentare, di conoscere e conoscersi attraverso lo sguardo e la parola, i due elementi della sua «poetica dell’occhio», del modo di osservare la realtà «come se spiasse l’essenza delle cose o la propria mente», spiega la Fortichiari. Si potrebbe parlare di un «autobiografismo perpetuo» che caratterizza la sua produzione, dove intimità e confessione pubblica s’intrecciano a partire dall’esordio narrativo con “Parliamo tanto di me”, del 1931, per giungere all’ultimo film del quale Za è anche regista, “La veritàaaa”, del 1982. Nel diario, scritto su album, quaderni, taccuini, agende e fogli sparsi senza la punteggiatura, con disegni e frasi cancellate o evidenziate, c’è di tutto, «un tritume di nomi di fatti di pensieri», come afferma l’autore, in cui ad esempio è possibile individuare il senso d’inferiorità dell’autodidatta che non ha compiuto studi regolari, le riflessioni su temi sociali e politici, le intuizioni destinate a divenire opere cinematografiche, letterarie e pittoriche o itinerari fotografici, oltre a una fitta rete di critiche e autocritiche, di recriminazioni e giudizi severi, talvolta sferzanti, come quelli su illustri esponenti del mondo dello spettacolo, della cultura e dell’arte, tra cui persino De Sica, per il quale Za scrisse le sceneggiature di celebri film come “Sciuscià” e “Ladri di biciclette”. Tra queste documentazioni si possono rintracciare alcuni filoni conduttori, legati al cinema e alla vita romana, a intimi pensieri e stati d’animo, alla terra natale fra Luzzara, il Po e i ricordi familiari. «Il suo testo – conclude De Santi nella postfazione – riflette la molteplicità e occasionalità dell’esistenza, attraverso cui decifrare il mondo contemporaneo», un mondo nel quale Za coglie spunti poetici, speranze, ma pure angosce, unite a un oscuro presagio contenuto nella nota del 7 ottobre 1946: «Credo che il fascismo tornerà, è la forma più pigra di essere, di imporsi».