Il docufilm prodotto da Diaviva gira l’Italia e raccoglie premi
Tantissimi riconoscimenti per “La timidezza delle chiome” dopo il debutto al Rosebud
Reggio Emilia Due anni per raccontare la storia di un legame quasi impossibile da descrivere. Sta raccogliendo tantissimi riconoscimenti “La timidezza delle chiome”, il documentario realizzato dalla regista Valentina Bertani che è stato prodotto dalla storica agenzia video reggiana Diaviva, una delle principali realtà italiane in ambito pubblicitario.
Al centro del film, Benjamin e Joshua Israel, due gemelli omozigoti con una disabilità intellettiva dotati di grandissima capacità espressiva e con un’intesa reciproca davvero impressionante. I due ragazzi sono ebrei e la storia ha quasi naturalmente portato dall’Italia a Israele per alcune fasi cruciali. “La timidezza delle chiome” sta girando l’Italia dopo un affollatissimo debutto reggiano in un cinema Rosebud da tutto esaurito alla presenza dei protagonisti, dei produttori, della regista e dell’assessore alla Cultura Annalisa Rabitti. Una bella soddisfazione per Marco Lasagni e Pietro Puccioni, che hanno seguito tutto il cammino per Diaviva, impegnata in un’attività diversa dalla propria norma.
«Diaviva è attiva da quasi quarant’anni fa e specializzata nel mercato pubblicitario. Questo progetto cinematografico nasce dall’incontro con Valentina, regista che già conoscevano perché anche lei opera nella pubblicità. Un giorno ci ha parlato di questo progetto a cui lavorava da tempo e che non era riuscita a concretizzare», raccontano. «I due ragazzi erano davvero personaggi incredibili e lei voleva raccontare la loro storia: ci ha fatto vedere quello che aveva già girato e, contagiati dalla passione di Valentina, ci abbiamo creduto, abbiamo provato ad andare avanti».
In futuro, spiegano, «non ci dispiacerebbe allargare il discorso al mondo cinematografico e questa ci è sembrata una bellissima occasione, un modo nuovo per trattare il tema della disabilità, senza compassione ma con naturalezza e normalità. Una naturalezza che rappresenta la forza del film e in questo i due gemelli hanno aiutato tantissimo grazie alla loro confidenza. Sono capaci di mettere tutti a proprio agio infatti nel film non c’è il disagio nel trattare l’argomento».
La sfida era anche per Diaviva, abituata a lavorare nelle produzioni video – anche di altissimo livello – ma in altri versanti espressivi. «Il modo in cui abbiamo sempre approcciato il nostro lavoro ci consente, vista la struttura aziendale ed il know how accumulato, di affrontare qualsiasi progetto nello stesso modo. Siamo produttori cinematografici, ai giorni nostri abbiamo il dovere di dover soddisfare qualsiasi progetto ci venga sottoposto», è la riflessione al riguardo. «Dietro una produzione, qualsiasi essa sia, c'è un pensiero produttivo che di volta in volta deve essere necessariamente diverso. È un lavoro sartoriale unico per ogni produzione. Quello applicato per un lungometraggio non necessariamente è più complesso rispetto ad una pubblicità o a un videoclip».
Nel caso specifico, «abbiamo avuto la fortuna di avere una squadra di produzione molto affiatata. Tutti – regia produzione e sceneggiatori – hanno contribuito attivamente nel creare il vestito su misura per i gemelli dal punto di vista produttivo». La scommessa, quindi, si può dire vinta, anche guardando alle reazioni del Rosebud. «Siamo contentissimi di aver rischiato nel progetto. Un lavoro come questo, che ha richiesto quasi due anni mentre si continuava ovviamente anche ad occuparsi di altro, faceva sorgere qualche domanda, qualche incertezza». Tutte svanite, alla fine: «quando abbiamo visto il risultato finito, ogni sforzo è stato ripagato, ogni dubbio cancellato», sorridono i due produttori.