Gazzetta di Reggio

Il conflitto

Lei è ucraina, suo marito russo «La guerra messa fuori da casa»

Alice Benatti
Lei è ucraina, suo marito russo «La guerra messa fuori da casa»

23 febbraio 2023
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Bagnolo in Piano «A casa nostra non parliamo più delle guerra perché finiamo per “scaldarci”. Ed è capitato che poi smettessimo di parlarci per un po’. Lui difende il popolo russo. Nonostante io sappia bene che in Russia c’è anche tanta gente buona, gli dico che è la Russia a essere dentro l’Ucraina». Nina Yezhova, 34 anni, ucraina, ieri ha festeggiato il primo anniversario di matrimonio con suo marito Gleb (Petrov), quattro anni più grande di lei, russo. Entrambi del Donbass, si sono sposati lo scorso anno a Bagnolo in Piano, dove vivono insieme ai tre figli, anticipando di pochissimo quel tragico 24 febbraio che ha segnato l’inizio della guerra tra Russia e Ucraina.

In quei giorni di alta tensione in cui si temeva la “scintilla”, la loro unione era rimbalzata sulle cronache nazionali come simbolo dell’amore oltre le differenze, oltre la guerra. A un anno di distanza, raggiunta al telefono, Nina è molto lucida nel raccontare la situazione, come se non prendesse nemmeno la sua parte nel raccontare come l’argomento guerra ha pesato sulla sua famiglia. «Ci informiamo attraverso fonti diverse, io ucraine, lui russe – spiega la 34enne ucraina – esistono due racconti della stessa guerra. Lui non crede a quello che ci fanno vedere qua quindi non vede i russi come i colpevoli di questa guerra. Non crede alle violenze, agli stupri da parte dei soldati russi». E alla domanda se lei, invece, ci crede, risponde così: «Non ho questa certezza perché nessuna delle persone che conosco in Ucraina mi ha mai raccontato fatti del genere e io mi fido solo delle cose che mi raccontano direttamente». Dalle sue parole emerge che, nonostante su alcune questioni è in disaccordo con il marito, non lo giudica perché in tante situazioni il confine tra buono e cattivo sembra essere molto sfumato. «Anche un’altra coppia, che si è trasferita a Bagnolo lo scorso anno insieme alla mamma di lei e al figlio, ha un pensiero differente quando si parla dei soldati russi – racconta Nina – lei dice che tremava quando passava dalla dogana russa perché se c’era qualcosa che non andava sparavano, anche sugli autobus pieni di gente. Lui invece ricorda i soldati russi come persone gentili, che lo hanno aiutato la lasciare la città». «C’è da dire – precisa – che era “pulito”. Quando gli hanno guardato il cellulare non hanno trovato traccia di nessun gruppo ucraino per lo scambio di informazioni. In quei casi, spaccano i telefoni. Prima di uscire di casa le persone devono cancellare tutto anche dalla galleria perché anche solo essere trovati con la foto di una bomba scoppiata da qualche parte può essere pericoloso».

Nina – che si dice felice delle iniziative per la pace che saranno organizzate in questi giorni, in occasione del primo anniversario di guerra – ammette che preferirebbe «perdere un pezzo di Ucraina che altre migliaia di persone», non solo bambini ma anche adulti, perché quei soldati «sono papà, mariti, fratelli, figli».

«Stanno soffrendo troppe persone che non c’entrano niente – conclude – Zelensky deve cercare di fermare il conflitto perché stanno morendo e soffrendo troppe persone che non c’entrano niente». l

A.B

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