Gazzetta di Reggio

Massimo Zamboni al San Prospero con la ballata “L’eco di uno sparo”

Giulia Bassi
Massimo Zamboni al San Prospero con la ballata “L’eco di uno sparo”

Domani pomeriggio (giovedì 2 marzo, ore 18) l’autore invitato dalla Far-Studium Regiense

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Reggio Emilia Ritorna Massimo Zamboni, chitarrista e compositore della mitica band punk rock italiana Cccp e poi dei Csi invitato dalla Far - Studium Regiense per parlare del suo libro “L’eco di uno sparo - Cantico delle Creature Emiliane” (Einaudi, 2015) recentemente ristampato, che fa i conti con l’assassinio del nonno fascista da parte dei Gap. L’appuntamento è per domani alle 18 al teatro San Prospero.

Il libro è la ricostruzione che Massimo fa da adulto, della vita e dell’iter politico di suo nonno materno, Ulisse. La vita di Ulisse, fascista attivo e zelante, membro di un direttorio del fascio, dunque con ruoli di rilevo nella provincia di Reggio Emilia, viene ricostruita lentamente, a piccoli pezzi, attraverso articoli rinvenuti nelle biblioteche e tutto ciò che si conviene al riaffiorare di un passato accuratamente nascosto - oppure omesso - da sempre. “L’eco di uno sparo” è la storia di come ogni azione omicida sia stretta compagna di altre morti che l’hanno preceduta e che la seguiranno. «Ho cominciato a lavorare a questo libro 9 anni fa, ho ricostruito tutto perché mi era stato nascosto. Non colpevolizzo l’omissione, diciamo che per parlare bisogna riconoscere e riconoscere è un’azione che, a partire dalla ricostruzione di ciò che davvero accadde, in molti casi spetta a noi nipoti».

Questo l’accaduto: il 29 febbraio 1944 Ulisse, nonno di Massimo, squadrista, membro di un direttorio del fascio, viene ammazzato dai Gruppi di Azione Patriottica. Il 28 dicembre 1943 muoiono i sette fratelli Cervi, fucilati dai fascisti. Il 26 marzo 1961 il gappista Soragni, nome di battaglia Muso, è vittima dell’odio covato nel tempo da un compagno militante e amico, assieme a lui responsabile dell’uccisione di Ulisse. La storia è lineare solo quando scelgono di raccontarla così, ma gli eventi si affastellano in un ordine che, quando ti riguarda da vicino, non è necessariamente quello cronologico. Così è per chi cerca di capire le ragioni del sangue, quando il sangue degli oppressori si mescola a quello degli oppressi. La terra emiliana - terra contadina, di utopie socialiste, di vacche in salute - grida forte. E l’eco degli spari accompagna Massimo Zamboni nella sua indagine attraverso il tempo: quando legge i documenti della polizia partigiana nel modesto archivio parrocchiale di campagna, quando va a trovare i parenti superstiti sulle colline reggiane, quando visita la tomba dei fratelli Cervi, sette, come sette erano i fratelli del bisnonno Massimo. Perché la memoria va trasmessa, e «tocca ai nipoti tramandare, sottraendo ai genitori un compito che non avrebbero potuto svolgere con giustezza». Una storia che chiedeva di essere raccontata, rimasta sepolta insieme alle tante storie rimosse di questo paese. Un libro sofferto che è insieme una presa d’atto, un amaro bilancio e una terrestre ballata incantatrice.l