“Un ballo in maschera” al Valli
L’opera della maturità di Giuseppe Verdi chiude stasera e domenica la stagione lirica. Il regista Gasparon: «Un’occasione per ritrovare la modernità attraverso la tradizione»
Reggio Emilia Questa sera (venerdì 17, ore 20) e domenica 19 marzo (ore 15.30) si conclude al teatro Valli la stagione lirica con “Un ballo in maschera” di Giuseppe Verdi, una delle grandi opere della maturità, dove gelosia, tradimento, amore e rinuncia – tipici temi verdiani – si uniscono a un’inedita leggerezza e ironia nel raffigurare lo sfondo su cui si snoda il poema di un amore impossibile e disperato.
Presentato nell’allestimento della Fondazione Teatro Regio di Parma, in coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Modena e Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, l’orchestra sarà la Filarmonica di Parma diretta da Alessandro D’Agostini, la regìa di Massimo Gasparon, da un’idea di Pierluigi Samaritani.
Secondo Massimo Mila, celebre critico e musicologo, Il Ballo in maschera è “il Tristano e Isotta di Verdi”. Una maga predice il tradimento e l’assassinio del re per mano del suo migliore amico. Ma il regicidio non poteva essere rappresentato e la censura si accanì, costringendo a un’ambientazione americana (il protagonista, Riccardo, finirà per essere il conte di Boston).
Massimo Gasparon, partendo dallo storico allestimento parmigiano del 1989 crea una nuova prospettiva drammaturgica dei personaggi attraverso un aggiornamento emozionale ed empatico, che non si rivela superficialmente solo estetico. Scrive nelle sue note di regia: «Potremmo (…) definire questa una ripresa con notevoli nuovi elementi scenografici e drammaturgici, un’occasione importante per ritrovare la modernità attraverso lo stile e la tradizione, dove il nuovo deve nascere dal nucleo classico della tradizione melodrammatica. La mia impostazione registica parte dalla ricerca profonda di una sensibilità sempre più attuale. Inoltre ho dato molta importanza alla componente esoterica e luciferina, che Verdi esalta continuamente: il numero Tre viene continuamente pronunciato e diventa un mantra satanico e denso di significati divinatorii».
«“Un ballo in maschera” – spiega il direttore Alessandro D’Agostini – raccoglie in sé tanta diversità di registri stilistici, di colori orchestrali, di profondità dei personaggi, che una riflessione sulle modalità interpretative generali di quest’opera si impone. (…) Qual è il risultato di questa ricerca? Raccontare al pubblico una storia fatta di esseri umani, di emozioni e sentimenti comuni a ciascuno di noi, vivi e vibranti. Raccontare che ognuno di noi è un mondo, che ognuno di noi è capace di grandi azioni come di grandi miserie».l
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