Gazzetta di Reggio

Cinema

Michele Vannucci e il suo film “Delta”: «Racconto il Po e la ferocia umana»

Linda Magnoni
Michele Vannucci e il suo film “Delta”: «Racconto il Po e la ferocia umana»

Reggio Emilia: il regista sarà mercoledì sera (5 luglio) all’Arena Stalloni per presentare il suo secondo film

03 luglio 2023
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Reggio Emilia Mercoledì prossimo, 5 luglio alle 21.30 all’Arena Stalloni di via Samarotto , sarà proiettato alla presenza dell’autore il film “Delta” di Michele Vannucci. L’evento fa parte della rassegna “Accadde domani”.

“Delta”, presentato l’anno scorso al Locarno Film Festival, racconta la storia di Osso, ambientalista che vuole difendere il suo territorio dalla pesca indiscriminata, e del bracconiere Elia, che vive con la famiglia Florian. A interpretarli rispettivamente Luigi Lo Cascio e Alessandro Borghi, affiancati tra gli altri da Greta Esposito ed Emilia Scarpati Fanetti. Vannucci, che sarà presente alla serata per introdurre il film, è diplomato in regia al Centro sperimentale di cinematografia ed è autore di cortometraggi e documentari. Ha esordito al cinema con “Il più grande sogno”, presentato nella sezione Orizzonti della Mostra del cinema di Venezia. “Delta” è il suo secondo lungometraggio.

Da dove viene l'idea di girare un film sul delta del Po?

«Nasce diversi anni fa, quando vivevo a Bologna. Avevo letto un libro di Paolo Rumiz, “Morimondo”, che parla di questi pirati del Po. Persone che, come fantasmi, si aggiravano in quelle zone. Mi è sembrata un’idea. Così insieme a Matteo Vieille Rivara, direttore della fotografia, ho iniziato seguendo dei volontari che perlustravano il fiume di notte per fare segnalazioni alle forze dell’ordine. Mi è venuto in mente un film di Sam Peckinpah, “Pat Garrett and Billy the Kid”: era come un western contemporaneo».

Di che cosa parla “Delta”, al di là della trama?

«Quando mi interesso a una storia, ci ripenso per tanto tempo e cerco di capire perché. E quel perché diventa il sentimento del film. “Delta” racconta uno scontro tra comunità. Racconta la ferocia che abbiamo dentro e che in società reprimiamo, ma che poi esplode quando emerge la nostra vera natura. Volevo far percepire al pubblico ciò che manca oggi: la capacità di empatizzare, di capire, di ascoltare l’altro».

Le riprese si sono svolte tra il territorio ferrarese e quello di Rovigo. Qual è il tuo rapporto con quei luoghi?

«Quando abbiamo fatto i sopralluoghi sono stato ospitato in casa di tante persone: il fiume è stato molto generoso con me. Poi, tornando in quei posti, mi sembrava di non esserci mai stato. Sono luoghi duri, che ti devi conquistare, soprattutto d’inverno. Nel dopoguerra il fiume era spesso al centro dei racconti: penso a Rossellini, Antonioni... Poi ce ne siamo dimenticati e ora se ne parla solo quando ci sono degli eventi naturali avversi, come di recente. “Delta” è anche un atto di restituzione verso chi mi ha accolto».

Nel film due grandi attori, Luigi Lo Cascio e Alessandro Borghi. Com’è stato lavorare con loro?

«Con Borghi è già il terzo lavoro che facciamo insieme, dopo il mio primo cortometraggio e “Il più grande sogno”. Mi sento molto fortunato ad averlo come interprete, riesce veramente a dare corpo ai miei sentimenti. Quello con Lo Cascio invece è stato un bellissimo incontro: cercavo un uomo che fosse un’icona di alcuni valori. Mi è piaciuto stare con lui, fare un film è un po’ come condividere un pezzetto di vita».

Il prossimo progetto?

«Diciamo solo che sono in attesa di raccogliere qualcosa. Come un pescatore». l