Il ritorno di Giorgio Canali, ex Csi «C’è ancora bisogno di Resistenza»
Musicista e produttore di talenti, ha da poco fatto uscire l’album “Pericolo giallo” «La mostra dei Cccp allestita ai Chiostri? Non mi interessa rivangare il passato»
Casalgrande Allerta, allerta al pericolo giallo e alla voglia di ricordare solo in parte. Torna a modo suo, con rudezza e lirismo, Giorgio Canali, fresco della pubblicazione del nuovo album “Pericolo giallo”. Torna, coincidenze del fato, nei giorni in cui i suoi ex compagni nei Csi Ferretti e Zamboni sono protagonisti del quarantennale del Cccp in scena a Reggio. Quella Reggio che Canali conosce benissimo, per averci suonato, lavorato (con i Csi è uno degli autori di Materiale Resistente, tra l’altro) e per averci vissuto, per diversi anni, a Correggio. Si ripresenta con un album che nasce, suo malgrado, proprio dalla storia tante volte cantata coi Csi, quella della Resistenza.
«Tutto è partito da un pezzo dovevamo scrivere per una compilation legata al 25 Aprile. Ci siamo messi a suonare a distanza, ognuno a casa sua, come fatto nel disco del 2020 e abbiamo tirato fuori “Morti per niente”. Abbiamo mandato il brano a chi doveva far uscire il disco e ci è tornato indietro», racconta».
E perché?
«Le tematiche affrontate nel testo non sono lisce come l’olio e l’obiezione è che ci sono compagni che l’avrebbero presa male».
Pure oggi?
«Sì, ormai che c’eravamo, siamo arrivati al disco. Siamo partiti da un brano magnifico e nel giro di un mese abbiamo realizzato l’intero album, di problemi giro nel mondo di cui scrivere ce ne sono tanti».
“Morti per niente”, a proposito, è uno dei pezzi più efficaci, sia nel testo che nella musica. Un altro piccolo classico?
«È un brano combat rock standard, per certi versi. È vero che nel tempo ci siamo affinati a lavorare su armonie semplici, che portano dietro tante parole ammucchiate con melodie accattivanti e che si lasciano orecchiare».
Il tema, ce lo ha spiegato, rimane delicato, no?
«La Resistenza oggi è sentita solo come celebrazione di quel biennio, di quegli anni lì, come se poi non ce ne fosse più bisogno perché basta quella, basta celebrare il fiore con le bandierine da sventolare. E se oggi provi a dire che fai Resistenza, trovano il modo di darti del delinquente come accaduto negli anni ’70».
A lei la storia però appassiona sempre?
«Certo. Nel momento in cui ti interessa la storia, la studi, la capisci e vedi anche quello che sta succedendo adesso. Sono sempre stato appassionato, oggi sono un fan totale di Alessandro Barbero».
Tira fuori pure il pericolo giallo. Corsi e ricorsi?
«Basta una bandierina sventolata per creare panico nella gente, puoi fare delle cose terrificanti, non sono novità, sono strategie che vediamo dalla fine dell’800, ora si sono affinati gli strumenti per usare la paura, per governare e manipolare».
Parla di tanti temi, sempre in maniera lineare e liscia. Una scelta precisa?
«Il mio è un rock semplice che deve essere efficace, d’altronde dal punto di vista dell’universo musicale il mio idolo rimane Neil Young, con la sua capacità di trovare sempre brani semplici ed efficaci, se non si guardano i testi da terza elementare».
L’ultimo brano è scritto da Aleph Viola, artista che lei ha prodotto. Un auto-omaggio?
«Il suo disco è prodotto da me e dal chitarrista della band, dopo averlo registrato ho realizzato che era un brano dei Rossofuoco non scritto da noi, ho chiesto ad Aleph se potevo usarla e lui ne è stato felicissimo».
Una tradizione, quella di lavorare con band giovani. Le Luci della Centrale Elettrica, i Verdena, e la lista è lunga, giusto?
«Ho suonato con tanta gente che poi ha fatto il salto. Ho prodotto i primi dischi di Vasco Brondi come Luci della Centrale Elettrica, con gli Zen Circus, i Verdena e Lo Stato Sociale hanno aperto i miei concerti. Ho un aneddoto reggiano, sui Verdena».
Fuori l’aneddoto!
«Eravamo al Fuori Orario con Vasco Brondi e uno degli organizzatori dello spettacolo mi ha chiesto che fine avesse fatto quella band che suonava prima di me. Gli ho fatto presente che quelli erano i Verdena. È bello vedere chi decolla, io rimango sempre lo stesso laggiù e non vorrei nulla di diverso, ma fa piacere vedere diventar grandi band che hai aiutato».
A proposito di band, i Cccp festeggiano 40 anni. Giorgio Canali cosa ne pensa?
«La mostra dei Cccp non mi interessa, perché non mi interessa rivangare il passato, mi sono anche un po’ pentito, col senno di poi, di aver suonato nei Post Csi. Il mio percorso è talmente andato da tutt’altra parte, non fa per me ritirare fuori il passato».
Lei però è parte attiva, di quel passato, pure degli stessi Cccp.
«Vero, ho suonato nell’ultimo disco dei Cccp, registrato a Villa Pirondini a Rio Saliceto e mai avrei davvero immaginato che vent’anni dopo sarei andato a vivere a un chilometro da lì, a Correggio. Ora sono a Perugia e mi trovo bene, c’è un bel circuito rock grazie ai Fast Animals Slow Kids, che organizzano concerti e fanno suonare tanti nomi nuovi».l