Gazzetta di Reggio

Gattatico

Ghemon sbarca al Fuori Orario dal rap alla stand up comedy

Adriano Arati
Ghemon sbarca al Fuori Orario dal rap alla stand up comedy

L’artista questa sera (ore 22) porta in scena “Una cosetta così” a Taneto «Rispetto ai concerti, qui il pubblico è parte integrante dello spettacolo»

09 novembre 2023
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Gattatico “Una cosetta così”, che mette insieme una delle voci più originali del rap italiano e la capacità di graffiare e far ridere della stand up comedy. La porterà questa sera sul palco del Fuori Orario Ghemon, nome d’arte dell’avellinese Giovanni Luca Picariello, da oltre venti anni nome importante della scena hip-hop nazionale e non solo, spesso presente in radio, con podcast, libri e nel mondo sportivo: da alcuni anni si dedica alla corsa, da sempre è un grande appassionato di basket. «L’ultima volta che sono venuto nel Reggiano è stato per una partita dei playoff di basket tra Avellino e Reggio»,sorride.

Ora torna in uno dei principali locali della zona, il circolo Arci Fuori Orario a Taneto di Gattatico, dove dalle 22 si esibirà in un lavoro che mette insieme musica, narrazione e stand up comedy, affiancato da Giuseppe Seccia alle tastiere e Filippo Cattaneo Ponzoni alla chitarra. Al centro, il lavoro scritto con il comico Carmine Del Grosso, “Una cosetta così”.

Diciamo che uno spettacolo simile non è il primo che viene alla mente pensando a Ghemon, no?

«È vero, e forse se nella mia carriera fossi stato più conservativo avrei potuto avere anche più vantaggi, in questo spettacolo il rap non c’entra molto, ma è un percorso a cui ho lavorato tanto».

Un progetto poco italiano, per certi versi. Qui si tende a inquadrare gli artisti per settori. Non se ne è preoccupato?

«No, questo è quello che volevo fare, è uno spettacolo, con le dinamiche, le sue canzoni, e anche su questo non ho voluto andare sul sicuro».

Che intende?

«Che ci saranno dei brani, ma non i miei più celebri, anzi, e con una veste lontana da quella che mi identifica. Per dire, le canzoni che suonerò a Reggio le ho chiuse negli ultimi giorni. Se fossi stato più conservativo avrei riproposto altri pezzi».

C’è margine per improvvisare, quindi?

«In tanti aspetti sì. Lo spettacolo non cambia nelle sue parti essenziali, ma poi c’è sempre margine per cambiare, anche in base alle reazioni del pubblico».

Con la stand up comedy gli spettatori sono più vicini?

«Esatto, rispetto ai concerti qui il pubblico è meno escluso, nei concerti può reagire alla musica, qui è parte integrante, se qualche persona di fronte a me fa qualcosa non posso non notarlo».

Da lì la necessità di adeguarsi, quindi?

«Non posso non adeguarmi a quello che accade e che vedo, la risposta è immediata: lo vedi subito se la gente ride o meno, e a quel punto devi cambiare, migliorare la tua proposta. È un procedimento molto democratico, no? Si nota subito quello che piace o meno».

Ed è facile digerirlo?

«Dopo otto dischi questa è una bella dose di realtà, hai una percezione differente, e devo dire più vicino all’arte del rap rispetto a quello che si pensi. Anche nel rap è necessario capire cosa gira e cosa no e farlo subito».

Il rapper Ghemon come è arrivato a questa idea di spettacolo?

«Sono stato prima di tutto un fan, negli ultimi dieci anni la stand up comedy è l’arte che più seguito dopo la musica, sembra tutto molto semplice, invece ha le sue regole e le sue complessità, un discorso non dissimile a quello del rap».

È partito da una passione?

«L’ho sentita molto vicina in questi anni, prima da fan poi scrivendo le mie prime cose. Quando ho deciso di affrontare la questione seriamente, mi sono affidato ad un amico, Carmine Del Grosso, che mi ha dato una grande mano nel mettere tutto a punto».

Qualche ispirazione chiara?

«Come in tante forme espressive, all’inizio si ripropongono le opere che hanno ispirato, poi le si mettono man mano dentro a un frullatore, per evitare riferimenti troppo diretti. Non ho una lista di nomi, posso dire che mi hanno ispirato Corrado Guzzanti, Nino Frassica, Elio e leStorie Tese, Giorgio Gaber, che ho conosciuto meglio pensando a questo lavoro. Ma c’è anche altro, e quello che c’è è rivisto da me, dentro al frullatore, senza riferimenti troppo espliciti».l