Gazzetta di Reggio

Scandiano, la “Rumba” di Ascanio Celestini per un San Francesco contemporaneo

Adriano Arati
Scandiano, la “Rumba” di Ascanio Celestini per un San Francesco contemporaneo

L’attore questa sera al teatro Boiardo con l’ultimo atto della sua trilogia

19 novembre 2023
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Scandiano Tra i cassonetti e le borse abbandonate di un parcheggio alla ricerca di San Francesco, della natività e del suo messaggio. Si ballerà una rumba ispirata al primo presepe della storia in compagnia di Ascanio Celestini, questa sera (ore 21) al teatro Boiardo.

L’attore e autore metterà in scena “Rumba-L'asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato”, ultimo pannello della trilogia del parcheggio avviata con “Laika” e proseguita con “Pueblo”. Sarà una bella occasione per assistere alla conclusione di un percorso sulle periferie che Celestini ha avviato nel 2015 e che ora arriva al termine con un omaggio alla prima natività ideata a Greccio da San Francesco 800 anni fa.

«L’ambientazione è sempre la stessa del resto della trilogia, la porzione di una periferia, un parcheggio con un supermercato, un magazzino di logistica in cui lavorano principalmente sudafricani, un condominio popolare, un bar e praticamente niente l’altro», racconta Celestini. Qui si muovono i personaggi, «dei barboni, una ex prostituta, gente tra povertà e pensione in una periferia dove si sta fuori dalla storia, gente che non lascerà traccia nella storia, di cui si parla solo per un fatto di cronaca. Un luogo dove l’essere umano è più indifeso, dove l’umanità, che appartiene a tutti, emerge di più. Un barbone, o un detenuto non si nasconde, non può farlo».

“Rumba” vede un grande salto, se nei primi due passi il narratore descriveva quello che vedeva e poi se lo immaginava, perché di ogni vita quello che vediamo è solo una piccola porzione, ora chi racconta si attiva: «Il personaggio e il suo coinquilino scendono nel parcheggio nella notte di Natale e mettono su uno spettacolo per pellegrini, una pagliacciata per raccogliere soldi». E Francesco? «La sua storia non si ferma al 13esimo secolo, continuiamo per analogie, allora c’era un lebbroso, oggi un barbone che vive a fianco di un cassonetto. Francesco scende da cavallo e bacia il lebbroso, oggi si scenderebbe dall’auto per baciare un barbone».

Il principio rimane lo stesso perché nessuno è in grado di mutare la storia. «Il periodo della pandemia ci faceva dire che il mondo non sarebbe più stato lo stesso e invece non è cambiato niente, è un insegnamento che avremmo dovuto già sapere: nessuno è in grado di cambiare la storia», riflette l’attore. «Cerchiamo sempre dei singoli soggetti a cui accollare colpe e meriti, Napoleone, Hitler, Putin: questi singoli si sono imboccati in un flusso che esiste anche senza di loro. C’è una sorta di mitologia bricolage. Se Putin morisse oggi la guerra non finirebbe, in Israele si parla del 7 ottobre come del giorno in cui è cambiato tutto, ma sono flussi molto più grandi». Flussi segnati da momenti di grande valore simbolico, distanti da come oggi sono percepiti. «Il presepe di Francesco a Greccio è molto diverso da quello che conosciamo noi: ci sono una mangiatoia, il fieno, il bue e l’asino, non ci sta nulla d’altro, nemmeno il bambinello», ricorda Celestini. «Lui non voleva mettere in scena la natività, voleva mostrare il luogo dove era nato Cristo, ovvero un luogo di povera gente, e ricordare che non era per nulla indispensabile conquistare la Terrasanta. La Terrasanta era un luogo di povera gente e Cristo è nato povero in un luogo di povertà. Betlemme è anche Greccio, e Betlemme è anche il parcheggio di una periferia qualunque».l