Gazzetta di Reggio

Reggio Emilia, il mito del violino alla Cavallerizza raccontato da Emanuele Ferrari

Giulia Bassi
Reggio Emilia, il mito del violino alla Cavallerizza raccontato da Emanuele Ferrari

Tornano le lezioni-concerto tenute dal pianista e docente universitario Si parte domani con l’incontro sulla Ciaccona di Bach trascritta da Brahms

11 gennaio 2024
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Reggio Emilia È un entusiasta autentico Emanuele Ferrari. Musicista raffinato e talentuoso, con il pianoforte e una brillante verve affabulatoria, sa accompagnare il pubblico oltre la soglia del normale ascolto per regalargli una maggiore consapevolezza. Vi riesce attraverso riflessioni di diversa natura basate sulla vita dei compositori, la storia della musica e il confronto di tutta questa materia con il gioco delle emozioni sollecitando anche le capacità percettive attraverso esempi pratici con l’esecuzione ripetuta delle musiche trattate.

Ferrari, pianista e performer, docente di musica e didattica della musica al dipartimento di Scienze della formazione all’Università di Milano-Bicocca, ritorna domani per il primo di due incontri alla Cavallerizza incentrati sul “mito del violino”. L’altro sarà il 23 marzo: al centro di ciascun appuntamento un solo brano che verrà spiegato, analizzato e più volte eseguito: per sabato ha scelto la Ciaccona di Bach per violino trascritta da Brahms per sola mano sinistra del pianoforte, mentre per il 23 marzo uno Studio di Liszt incentrato su un Capriccio di Paganini.

«In comune presentano la matrice violinistica, ma il punto di vista dei due compositori nei confronti della realizzazione dei brani è diametralmente opposto – spiega Ferrari –. Brahms mette a punto un’operazione di geniale umiltà artistica. “La Ciaccona - scrive il compositore in una lettera - è il pezzo più bello che sia stato mai scritto. Tuttavia, se non sei un ottimo violinista lo dovrai suonare solo nella tua testa... Eppure, è un pezzo che invita a fare qualcosa”. Così, con straordinaria umiltà, la trascrive per sola mano sinistra del pianoforte. Così in questa Ciaccona di Brahms si ritrovano tutte le difficoltà come sul violino: ad esempio il fatto di dover arpeggiare continuamente sulla tastiera “enorme” per poter arrivare alle note lontane. Certo, sarebbe molto diverso suonarla con due mani: si ammirerebbe lo slancio, la forza emozionante del pezzo, ma Brahms vuole che ci si renda conto, sul pianoforte, di com’è suonarla per violino».

La riflessione di Ferrari si allarga poi all’eterna questione del perché i pianisti suonino Bach. «È semplice: perché ne hanno bisogno. Bach in quanto patrimonio dell’umanità, è necessario, quindi urge appropriarsene: si tratta di scegliere il modo non prevaricante andando anche “sul terreno” dell’altro strumento e, a parte le musiche per clavicembalo, una soluzione possibile potrebbe essere trovare la versione che tradisca il meno possibile l’originale».

In merito ai contenuti dell’incontro del 23 marzo, Ferrari afferma che Liszt, nei confronti del Capriccio n. 24 di Paganini, si muove in maniera contraria rispetto a Brahms con Bach. «Al compositore ungherese non interessa rimanere fedele, perché vuole diventare lui stesso il Paganini del pianoforte. Prendendo un modello non pianistico crea una nuova tecnica, costringendo l’esecutore a muoversi in modo inedito, usando gli avambracci come l’archetto del violino: il tutto per ricavare sonorità completamente nuove. Il fatto è che, alla fine del percorso, troviamo il vero Liszt: lo stregone del pianoforte, il virtuoso all’ungherese, ma anche il pianista narratore che incanta affabulando il pubblico».

L’entusiasmo con il quale svela i contenuti si rafforza quando gli incontri si tengono a Reggio dove si sente a casa. «Già dai primi tempi in questa città si è formata una relazione speciale con il pubblico, in quanto quello che cerco di trasmettere passa nel modo migliore tornando indietro con un’energia particolare. Questo non solo per gli spettatori ma anche con i tecnici del teatro: uno di loro mi ha confidato che, se non fosse stato di turno, lo avrebbe cambiato per assistere alla lezione-concerto. Oggi per me la musica costituisce il migliore terreno d’incontro con gli altri e, quanto avviene a Reggio, ne è la prova più vistosa».