Gazzetta di Reggio

L’esposizione

A Casa Bettola le fotografie abbandonate delle Officine Reggiane

A Casa Bettola le fotografie abbandonate delle Officine Reggiane

Reggio Emilia, in mostra le immagini recuperate da Scazzi e Tarasconi

14 gennaio 2024
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Reggio Emilia E’ stata inaugurata a Casa Bettola la mostra “Res Derelictae. La fabbrica produce ancora?” che si potrà visitare fino alla fine di febbraio.

La mostra – curata da Francesca Baboni e Stefano Taddei e realizzata in collaborazione con Cgil-Camera del Lavoro Territoriale di Reggio Emilia, Stu Reggiane Spa e Parco Innovazione Reggiane, con il patrocinio del Comune e della Provincia di Reggio Emilia e della Regione Emilia-Romagna – è nata da una coraggiosa esplorazione.

Andrea Scazza e Dario Tarasconi sono scesi nelle viscere della fabbrica e sono riemersi con vecchie fotografie delle Reggiane e del popolo di lavoratori che le abitavano, sovrascritte, però, da muffa, acqua, in generale dal tempo trascorso.

Il titolo – “Res Derelictae” – allude all’istituto giuridico del diritto romano secondo il quale la proprietà dei beni abbandonati si acquisisce con la loro occupazione.

Le fotografie delle Officine Reggiane sono state recuperate da Tarasconi e Scazza e riportate a nuova vita, così come i capannoni abbandonati hanno avuto una nuova fase di vita nel periodo in cui sono stati occupati da persone senza dimora. L’esposizione, che ha come obiettivo quello di «scavare sul fondo e arrivare alla radice delle cose», si compone di una cinquantina di fotografie, accuratamente selezionate e stampate su forex.

L’originalità e la prospettiva del lavoro di Andrea e Dario ha colpito molto la comunità di Casa Bettola, proprio per lo sforzo creativo che va al di là dell’interpretazione ordinaria.

La mostra è composta da fotografie ritrovate negli spazi abbandonati, che esposte al contatto con agenti esterni, hanno subito un processo di deterioramento che ne ha in gran parte modificato l’aspetto dando vita a composizioni astratte non intenzionali, in cui permangono tuttavia elementi fotografici che permettono di riconoscere il soggetto originario: l’uomo, la fabbrica e la tecnologia. È dunque questa la narrazione che il luogo fa di se stesso, tramite ciò che è rimasto giacente sul fondo, rielaborando in modo del tutto autonomo la propria memorie.

In un’intervista, non molto tempo fa, lo scrittore Paolo Nori definì le Reggiane come qualcosa che subito salta all’occhio per un visitatore che viene da fuori città.

La prima scritta, infatti, che svetta arrivando in treno alla stazione di Reggio, è proprio quella di Officine Reggiane, al di sopra dello scheletro industriale del capannone, che ospitò la produzione di aerei e veicoli da guerra, ma che non va ricordata solo per questo.

Il patrimonio storico di questo luogo, non deve essere sovrapposto soltanto alla memoria produttiva e materialistica del mercato, ma soprattutto, alle persone che lo hanno animato lavorando ai torni e abitando il quartiere intorno.

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