Gazzetta di Reggio

Domenica i 35 anni del museo Don Camillo e Peppone

Brescello, ecco il postino del Mondo piccolo: «Qui gente genuina e cordiale»

Andrea Vaccari
Brescello, ecco il postino del Mondo piccolo: «Qui gente genuina e cordiale»

Il povigliese Fava da anni consegna lettere in paese

17 aprile 2024
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Brescello Brescello è “in quella fetta di Pianura padana fra il Po e l’Appennino”, dove ritrovare le atmosfere e i luoghi del “Mondo piccolo” descritti ormai quasi 80 anni fa da Giovannino Guareschi ma dove possiamo immaginare ancora oggi i personaggi iconici della saga cinematografica, come il parroco Don Camillo e il sindaco Giuseppe Bottazzi in arte Peppone.

Sono passati molti anni, ma possiamo o dobbiamo ancora ritenere attuali le tematiche dei film di don Camillo e Peppone? Lo abbiamo chiesto a Luca Fava, portalettere applicato al pacchetto di distribuzione di Poviglio e che da circa vent’anni consegna pacchi e corrispondenza. Qui, domenica, il museo dedicato ai celebri personaggi guareschiani festeggerà i 35 anni e per l’occasione sarà emesso uno speciale annullo filatelico.«Sono figlio della Bassa, pecisamente di Poviglio – racconta Luca, che nel tempo libero gioca come portiere nella Povigliese - e lavorare nei luoghi d’appartenenza è un grande vantaggio, perché ci conosciamo tutti e questo mi aiuta tantissimo nel mio lavoro rispetto a tanti altri colleghi che magari lavorano lontani dai loro paesi di origine. E la città è roba di un altro mondo, come scriveva Guareschi. Sicuramente del mondo piccolo resta il temperamento e la genuinità delle persone, aperti al prossimo, accoglienti e tolleranti. Apprezzo molto il loro modo, che è anche il mio, di affrontare il mondo con leggerezza e il lavoro con attenzione e affidabilità».

Qual è l’insegnamento che è riuscito a trarne?

«Le imprese spesso sono compiute da chi detiene le posizioni più importanti nella gerarchia del mondo del paese, ma per diventare grandi bisogna restar piccoli, cioè umili e semplici come tutti gli altri abitanti, senza differenza alcuna. Se riusciamo a far nostro questo insegnamento, riusciamo ad imparare che nelle diversità di vedute ci si può ritrovare grazie al dialogo e all’ascolto».

Nei suoi giri di consegna trova il tempo per il dialogo e l’ascolto?

«Il lavoro del portalettere è fatto principalmente di dialogo e ascolto soprattutto nei piccoli centri, dove alle volte la solitudine, magari unita ad un’età avanzata, rende lunghe le giornate. La nostra voce, la nostra presenza il più delle volte passa attraverso il citofono e diventa indicatore di rassicurazione e conforto ma soprattutto rimarca quel patto sociale tra azienda e territorio che anche oggi resiste. Quando posso comunque mi fa piacere ritagliarmi dei piccoli momenti con le persone che mi raccontano come sta andando la loro giornata, di quanto siano fieri di nipoti o figli che si laureano nelle città, o molto semplicemente una battuta sportiva seguita da un gran sorriso».

Che rapporto ha con la gente del posto?

«Direi un rapporto cordiale, con tratti familiari dal momento che con alcuni ci si conosce da sempre. Tuttavia, questo non mi esime dall’essere professionale e di indossare la divisa con la consapevolezza necessaria e la dovuta responsabilità che impone il ruolo. Il segreto sta nel prestare le giuste attenzioni alle abitudini delle persone così da aumentare le possibilità che la spedizione venga consegnata al primo tentativo e di restituire così anche una maggiore qualità del servizio».

Il mondo piccolo descritto dal Guareschi è cambiato, un po’ come il vostro lavoro…

«Sicuramente. Con l’arrivo della tecnologia digitale, il nostro lavoro si è velocizzato e semplificato. Ad esempio, con la consegna tracciata di corrispondenza, pacchi e raccomandate, assicurate e atti giudiziari, anche grazie all’utilizzo della firma elettronica apposta dal destinatario direttamente sul palmare, ci permette di gestire in modo efficace anche operazioni a valore aggiunto, come il pagamento dei contrassegni, il recapito su appuntamento e il ritiro a domicilio». 


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