Gazzetta di Reggio

Cinema

Il correggese Gherpelli nel nuovo film con Tony Servillo e Ficarra e Picone

Giulia Bassi
Il correggese Gherpelli nel nuovo film con Tony Servillo e Ficarra e Picone

“L’abbaglio” di Roberto Andò racconta della preparazione della spedizione dei Mille nel 1860

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Correggio Ritornano ancora tra controversie e contraddizioni storie legate al Risorgimento italiano questa volta al centro di un nuovo film, “L’abbaglio”, che esce oggi nelle sale cinematografiche. Lo firma Roberto Andò e nel cast, oltre a Tony Servillo, Ficarra e Picone c’è anche il correggese Andrea Gherpelli. “L’abbaglio” racconta della preparazione della spedizione dei Mille nel 1860 quando Garibaldi affida al colonnello Vincenzo Giordano Orsini (Tony Servillo) l'incarico di reclutare i volontari. «Si vede che Roberto Andò aveva nel cuore questo film che ha richiesto un lavoro molto importante per la preparazione del set in Sicilia – spiega l’attore correggese entusiasta quanto dell’esperienza che dell’esito –. Il tema è proprio l'incontro con quella terra allora così lontana e il fatto che questa spedizione sia partita per cercare di liberarla da un potere che sembrava ancora espressione di un rigido potere feudale. Il film racconta l'incontro di due mondi e da questo nascono moltissime situazioni tra il brillante e il drammatico perché il film si muove su più piani narrativi dato che tiene conto del punto di vista sia dei siciliani che dei governanti».

Ma qual è il ruolo di Andrea Gherpelli? «Il mio ruolo è quello del veterano dei garibaldini cioè un esperto diciamo di combattimenti, di spedizioni e sto a fianco di Orsini: mi trovo dunque ad interagire continuamente con Servillo e Garibaldi interpretato da Tommaso Ragno». Sull’altro fronte, “L’abbaglio” racconta il peregrinare di Domenico e Rosario attraverso conventi e paesini di campagna. Anche l'accoglienza dei siciliani è divisa: la povera gente si schiera dalla parte dei combattenti, rischiando la vita e fornendo ospitalità e rifugio; i baroni, i preti pavidi e i mafiosi invece si terrebbero volentieri i Borbone, pur di non rischiare di perdere i loro privilegi. «I diversi intrecci creano delle situazioni spesso molto divertenti anche se il film fa anche commuovere – riflette Gherpelli –. Per questo mi sono innamorato di Roberto Andò: secondo me è un maestro che riesce a portare il teatro al cinema, cosa che sanno fare in pochi. Il mio ruolo - secondo la prima bozza di sceneggiatura - non parlava molto ma io, conoscendo il lavoro di Roberto Andò, ho cercato di interagire sul set con proposte creative che nascevano al momento e così, mentre costruivamo le scene, abbiamo meglio delineato il personaggio senza di fatto uno studio precedente ma quasi di getto».

Ma il regista ha colpito Andrea Gherpelli anche per altre sue specifiche doti: «Andò è molto attento ai dettagli, alle intonazioni: lui sapeva chiaramente cosa doveva accadere e in che modo doveva accadere. Poi, all'interno di quei parametri, ognuno si poteva muovere in maniera varia e creativa». Gherpelli racconta anche dell’esperienza di lavorare con Ficarra e Picone: due attori estremamente accoglienti, simpatici, affettuosi che nel film hanno rivelato anche un notevole talento drammatico. «Con loro– spiega – ho legato benissimo e lavorato ancora meglio, perché ogni volta, sul set, era profondo il desiderio di proporre, creare… l’atmosfera era sempre vivace e quando arrivava Roberto si dimostrava sempre un maestro nel raccontare le scene attraverso le diverse inquadrature; lui inoltre ti teneva molto legato mentre si lavorava, quindi qualsiasi situazione che “sfuggiva” leggermente dal personaggio te la segnalava per rientrare in quello che era il suo progetto. Un altro aspetto è il linguaggio, l’uso delle parole, sempre particolare, originale ricercato… bellissimo». A proposito dell’esperienza di lavoro sul set, Gherpelli racconta di luoghi splendidi e situazioni “scomode”, volutamente sporche e per niente agevoli. «A questo aggiungo le scene di guerra, con morti e feriti che mi hanno colpito molto. In quei momenti vivevo situazioni come di straniamento… Il mio pensiero andava anche alla situazione contingente e mi dicevo: perché per cambiare la storia dobbiamo passare attraverso queste tragedie, utilizzando mezzi che mostrano le brutture dell’essere umano? Il film da questo punto di vista rivela l’intento della regia di lasciare un messaggio nel cuore dello spettatore e se da una parte è stato immaginato per il piacere di raccontare un periodo storico, dall’altra il regista, riuscendo a dare ai personaggi un forte spessore attraverso l’uso di espressioni importanti, crea un’opera che si pone come cassa d'amplificazione di pensieri e considerazioni per riflettere – conclude Andrea Gherpelli – sulla nostra quotidianità».l © RIPRODUZIONE RISERVATA