Gazzetta di Reggio

Giovedì 17 aprile

La strage di Pizzolungo sul palco: «Vogliamo emozionare il pubblico»

Serena Arbizzi
La strage di Pizzolungo sul palco: «Vogliamo emozionare il pubblico»

Il regista Fabrizio Coniglio: «La memoria di questa strage ci ricorda quanto sia possibile liberarsi dal potere mafioso»

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Scandiano Il 2 aprile del 1985 Margherita Asta è una bambina di 11 anni che vive vicino a Trapani, in Sicilia. La sua vita, in una manciata di istanti, viene segnata per sempre da quella che diventerà nota come la strage di Pizzolungo. La famiglia di Margherita, infatti, viene uccisa nel corso di un attentato mafioso con cui si voleva eliminare il magistrato Carlo Palermo, il quale si salva proprio grazie alla presenza dell’auto su cui viaggiavano i famigliari della bambina, vittime innocenti della strage. La storia personale e civile di Margherita è divenuta uno spettacolo teatrale, “Sangue nostro”, che andrà in scena giovedì 17 aprile, alle 21, nella sala “Bruno Casini” di via Diaz 18. Scritto da Michela Gargiulo, Margherita Asta e Fabrizio Coniglio, e portato sul palco da Laura Nardi (al posto di Alessia Giuliani) e dallo stesso Coniglio, che ne cura anche la regia, lo spettacolo è realizzato dal Comune in collaborazione con Libera Reggio Emilia. L’ingresso è gratuito e non è richiesta prenotazione.

Fabrizio Coniglio, lo spettacolo arriva a Scandiano a ridosso dell’ottantesimo anniversario della Liberazione: qual è il filo conduttore che lega i due temi?
«Sono due ricorrenze completamente diverse, ma entrambe parlano di oppressione, una esercitata dal potere mafioso, l’altra dalla guerra che culmina con la liberazione dal fascismo – commenta Fabrizio Coniglio –. Credo che il filo conduttore sia la libertà da un potere che schiaccia la libertà stessa, che va a colpire non solo l’economia ma la giustizia, la democrazia. La strage ha una caratteristica ancora più ampia: riguarda una famiglia, le vittime non sono “addetti alla guerra al potere mafioso”, come giornalisti, magistrati o forze dell’ordine. Si tratta di una famiglia normale che stava andando all’asilo in un territorio libero. E la memoria di questa strage ci ricorda quanto sia possibile liberarsi dal potere mafioso che uccide una famiglia perché su quella strada c’era un magistrato che sta andando in tribunale».
Com’è possibile prendere coscienza per un rinnovato impegno nella lotta alla mafia?
«Per come concepisco il teatro non credo ai pulpiti, non credo che dal palco si debba fare un discorso di convincimento nelle menti di chi ascolta. Io amo il teatro che si occupa “del cosa”. Raccontiamo come vanno in ordine i pezzi del puzzle dell’incontro tra Carlo Palermo e Margherita tanti anni dopo le atrocità di questo attentato: Margherita dovrà ricominciare a vivere da sola così come chi ha danni collaterali li dovrà. Noi speriamo di poter coinvolgere attraverso le emozioni il pubblico. Quando qualcosa ci colpisce nella sfera emotiva rimane dentro ancora di più. L’approccio emotivo è qualcosa che non controlli, che ti fa provare subito una corrispondenza, che ti permette di agire. Di chiedersi: come ha fatto a sopravvivere a tutto questo orrore. Da lì il teatro ha già svolto il suo compito. E al proposito vorrei ringraziare Laura Nardi, sul palco al posto di Alessia Giuliani. E ringrazio Margherita per appoggiare questo spettacolo e soprattutto perché ci ha concesso di raccontare una storia che è pubblica, ma anche la sua vita. Ringraziamento doverosi anche Libera che ci dà l’opportunità di mettere in scena lo spettacolo spesso per parlare alle nuove generazioni che hanno un potenziale elevatissimo».