Il conservatorismo italiano, dall’antica Roma al governo Meloni: il libro di Francesco Giubilei
Sabato alle 10.30, al Cinema Teatro Boiardo di Scandiano, sarà presentato il libro “L’Italia dei Conservatori”. La destra si interroga sulla sua identità
Jacopo Della Porta
Reggio Emilia Sabato alle 10.30, al Cinema Teatro Boiardo di Scandiano, sarà presentato il libro “L’Italia dei Conservatori. Storia del conservatorismo italiano dall’antica Roma al governo Meloni”, scritto da Francesco Giubilei, editore e presidente di Nazione Futura.
Giubilei, il conservatorismo è un concetto solitamente associato al mondo anglosassone. Nel suo libro cerca le radici di un conservatorismo italiano. Di cosa si tratta?
«Negli ultimi anni si fa spesso uso del termine conservatore, ma lo si fa in modo impreciso. Lo si confonde con il reazionario, oppure lo si sovrappone al liberale. Inoltre, si tende a equiparare il conservatorismo anglosassone a quello latino e mediterraneo. Il conservatorismo italiano ha caratteristiche diverse: affonda le sue radici nell’antica Roma e nel cattolicesimo. Il libro prova a raccontare proprio questo».
Chi è il conservatore?
«È l’uomo del futuro. C’è uno stereotipo che lo vuole nemico del progresso, ma non è così. Il conservatore difende valori e principi – famiglia, identità, nazione – ma non è contrario alle riforme, se queste migliorano la vita delle persone. Conservare ciò che conta non significa opporsi al cambiamento».
Richiamarsi a figure dell’antichità espone al rischio di anacronismi o a letture molto discutibili, penso a chi ha arruolato Dante nelle fila della destra…
«Nel libro cito pensatori come Cicerone o Catone il Censore, il cui pensiero può oggi essere letto come vicino a un’idea conservatrice. Naturalmente non si tratta di attribuire loro un’etichetta politica. Non si può dire che fossero "conservatori" nel senso moderno, ma si possono riconoscere elementi di continuità di pensiero».
La destra italiana, che spesso si è lamentata dell’egemonia culturale della sinistra, oggi è molto attiva nella costruzione di una sua identità culturale.
«Sì, credo che oggi ci sia più consapevolezza. Oggi che la destra è al governo, è naturale che ci si interroghi sul suo retroterra culturale».
Quali sono gli autori punti di riferimento per il conservatorismo italiano?
«Longanesi, Montanelli, Prezzolini, Papini, Flaiano, Soffici, Piovene, Sgorlon, Pirandello...Autori importanti, centrali nella cultura del Novecento».
Che ruolo ha avuto, nella storia del conservatorismo italiano, l’esperienza del fascismo?
«Nessuno. Il fascismo nasce come movimento socialista e rivoluzionario. Il conservatore, invece, è per definizione contrario a ogni forma di dittatura. Si riconosce nei valori della libertà e della democrazia».
Lei ha avuto parole di elogio per Donald Trump, non mi pare sia un conservatore.
«Trump è un leader post-ideologico che ha intercettato anche istanze del mondo conservatore, ma non è un conservatore. Piuttosto, vedo in J.D. Vance una figura che ha una solida base culturale conservatrice. In futuro potrebbe essere lui un punto di riferimento negli Usa».
E il generale Vannacci? Lo possiamo definire un conservatore?
«Forse è più corretto definirlo un sovranista o un identitario. Ci sono punti in comune tra conservatori e sovranisti – come il contrasto alla cancel culture o la difesa della libertà di espressione – ma ci sono anche differenze. Dipende da come si interpretano concetti come identità e nazione: possono essere vissuti in modo ideologico o con buon senso».
Il centrodestra italiano è molto articolato: ci sono posizioni liberiste, sovraniste, identitarie. Pensa che il pensiero conservatore possa diventare un punto di riferimento condiviso?
«Credo che in parte lo sia già. La sensibilità conservatrice è oggi preponderante. In un grande partito come Fratelli d’Italia convivono diverse anime, com’è sempre accaduto nella politica italiana: basti pensare alla Democrazia Cristiana o al Pci. Ma la cultura conservatrice è ormai un riferimento per molti».