Arcadia sul palco di “Invivavoce”: «L’insegnamento della danza è già prevenzione alla violenza»
Reggio Emilia, Sam Rabou, il presidente e fondatore della scuola: «Vogliamo prendere una posizione»
Reggio Emilia Tra le scuole di danza protagoniste di "Invivavoce", il 26 novembre sul palco dell’Ariosto, anche Arcadia. A partecipare con alcune delle loro allieve le insegnanti Krystle Catalano (Danza Classica) e Zaira Zuccaro (Danza Contemporanea). Perché è importante partecipare a "Invivavoce"? Ce lo spiega Sam Rabou, presidente e fondatore di Arcadia.
Sul sito della Scuola di Danza Arcadia si legge che "le finalità dell’associazione sono diverse e tutte nate dalla consapevolezza che la danza è un percorso che deve rispettare la sensibilità e le attitudini di ogni danzatore". Come si realizza questo presupposto dal punto di vista della prevenzione della violenza di genere e del rispetto di ogni individualità?
«L’insegnamento della danza è già prevenzione, perché si basa sulla relazione, soprattutto fisica e fra generi diversi. Inoltre insistiamo perché ogni allievo, con i propri tempi, possa tendere alla miglior versione di sé come danzatore, nel rispetto dei propri obiettivi, limiti e desideri, soprattutto in un contesto di pluralità. Nel concreto Arcadia incentiva la sana ambizione e la voglia di mettersi alla prova in gare ed esibizioni con gruppi appositamente formati, al fine di non creare frustrazioni in chi non è interessato a competere».
Nell’aprile scorso è stato presentato il Manifesto Nazionale della Danza contro la Violenza sulle Donne, un documento con cui Aidaf si impegna a lavorare in rete con tutte le scuole di danza italiane. Il Manifesto mira a contrastare gli stereotipi e i meccanismi culturali alla base della violenza di genere, attraverso una formazione che metta al centro il rispetto, l’empatia e la parità. Ma in concreto?
«Quello che noi possiamo fare nell’aula di danza è insistere sul rispetto dell’altro, che è intrinseco alla danza come disciplina di relazione, soprattutto fisica, fra corpi in contatto. Questa è una caratteristica della disciplina che più di altri sport o attività prevede proprio l’imparare a co-abitare uno spazio e, specie nel ballo di coppia, interagire fra corpo maschile e femminile».
In quale misura la danza può promuovere una cultura basata su rispetto, consapevolezza e non violenza?
«La danza è contatto fra corpi e relazione, per sua natura. Sua caratteristica è mettere in contatto fisico individui non solo di generi ma di generazioni diverse, in alcuni casi. Questo contatto deve essere regolato da disciplina e da un galateo, che insegniamo in sala ed è fondamentale per ballare insieme, perché garantisce il rispetto dei tempi di ognuno, degli spazi e dei ruoli uomo/donna, in un contatto fisico che sia funzionale al divertimento e mai prevaricante».
Come è cambiato negli anni l’atteggiamento dei ragazzi e delle ragazze di fronte a una innegabile escalation della violenza sulle donne?
«Gli allievi più giovani seguono la cronaca e sono sempre informati sui fatti di maggior rilievo. Oggi sono consapevoli del problema e del fatto che non si tratta solo di casi isolati. Ogni volta che abbiamo provato a coinvolgerli sono sempre stati felici di avere la possibilità di esporsi su questo tema e di vedere attribuire importanza alla loro voce».
Negli anni avete notato cambiamenti rispetto agli stereotipi di genere?
«Sicuramente la danza è portatrice di molti stereotipi ancora oggi, nonostante la street culture, lo streetwear e la musica hip hop abbiano contribuito ad allentarne alcuni. Detto ciò sarà sempre un lavoro in divenire, ancora ci turba vedere un costume pieno di strass su un ballerino per esempio. Tuttavia la molteplicità di danze che ospita Arcadia danno modo agli allievi di tutti gli stili di vedere altro, che non sia solo il proprio contesto. Questo aiuta a normalizzare l’alterità, che diventa concepibile quando non eguale».
Partecipando a Invivavoce quale messaggio volete fare arrivare al pubblico?
«Vogliamo prendere posizione e mostrare che far riflettere, soprattutto i giovani, su questi temi è fondamentale per costruire individui più consapevoli e la danza può essere uno strumento molto utile in questa rivoluzione culturale».
C’è secondo voi un genere di danza più adatto di altri per esprimere con forza il no a violenza e stereotipi?
«No, la danza è un linguaggio e uno strumento con cui poi vengono composti storie e discorsi. Negli stili di danza nati dalla nostra società si troverà più riscontro su questi temi ma non perché ci sia più o meno forza espressiva, piuttosto perché sono riflessioni nate dal contesto di cui quegli stessi stili sono un riflesso». l© RIPRODUZIONE RISERVATA
