Gazzetta di Reggio

Nomadincontro a Novellara

«Noi Nomadi, ancora in viaggio»

Chiara Cabassa
«Noi Nomadi, ancora in viaggio»

Beppe Carletti protagonista di un cammino straordinario: «Siamo scomodi, perché indipendenti. Ma a noi bastano i fan»

18 febbraio 2023
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«No, non siamo i più bravi, ma i più coerenti sì. E abbiamo due brani nel nostro repertorio che nessuno ha: “Dio è morto” e “Io Vagabondo”». Il mitico Beppe Carletti affronta il Nomadincontro dei sessant’anni di carriera con il solito empatico sorriso. Negli occhi il desiderio di salire di nuovo sul palco. Nel cuore la passione che non lo ha mai abbandonato. Ancora più in fondo le convinzioni e la tranquillità che solo la maturità possono regalarti.

Beppe, quello di questa sera sul palco del Nomadincontro non sarà di certo un debutto. Eppure, qualcosa di speciale c’è: una cifra bella tonda da festeggiare e un’altra cifra altrettanto tonda che ci ricorda chi non c’è più.

«Personalmente, i sessant’anni dei Nomadi sono reali. Ma anche per Cico Falzone e Daniele Campani parliamo di trent’anni. Purtroppo la storia dei Nomadi si divide in due tronconi: ho fatto i primi trent’anni con Augusto e ora sto continuando in primis con Cico e Daniele, poi con Massimo Vecchi , Yuri Cilloni e Sergio Reggioli. Il fatto stesso di essere riusciti a continuare dopo Augusto non è stato per niente facile ma la fortuna è stata quella di trovarmi con ragazzi che mi hanno aiutato e sostenuto tanto. Alla fine da trent’anni Augusto non c’è più ma i Nomadi ci sono ancora. Chi è con me in questo viaggio straordinario che sembra quasi interminabile ci hanno messo tanto ma davvero tanto. A volte dico che sono anche più “nomadi” di me... io in fondo sono l’unico a essere qui dal 1963».

Senza dimenticare il sostegno dei fan.

«I fan sono fondamentali. Molta gente non crede che ai nostri concerti vengano così tante persone come nessuno dice mai che facciamo ottanta, novanta concerti all’anno. Hanno paura a dirlo. Perché io mi sono fatto un’idea: noi siamo indipendenti in tutto e per tutto. E questo dà fastidio. Vedi, io ora sono seduto alla scrivania di Daniela (Daniela Campioli, segretaria di Beppe da 26 anni, ndr), ed è qui, intorno a questo tavolo, che si decide ogni cosa. Ci troviamo qui con i ragazzi e decidiamo tutto quello che vogliamo fare. Se vogliamo suonare tanto o poco, che poi vogliamo sempre suonare tanto. Perché il bello dei Nomadi, anche di chi è arrivato più recentemente... insomma trent’anni fa ... è che abbiamo tutti l’idea dell’orchestrale di una volta che suonava in mezzo alla gente. Io e Augusto lo abbiamo fatto, siamo stati nelle balere, ed era bellissimo. Con lo stesso spirito ora suoniamo in un teatro o in uno stadio».

Ormai potete contare su tre generazioni di pubblico. Il segreto?

«A dicembre abbiamo fatto tantissimi teatri, tutti sold out. Che molti artisti, non voglio essere cattivo ma sappiamo che è così, per fare il tutto esaurito i biglietti li regalano. Eppure nessuno parla di noi, ripeto, perché siamo indipendenti e liberi. Questo ci ha portato ad avere un pubblico che ci vuole bene e non ci abbandona. Perché non lo abbiamo mai tradito. Ed è bello vedere che i fan si conoscono fra di loro e, ritrovandosi a un concerto, si danno appuntamento per quello successivo. E sicuramente non ci seguono perché ci sentono per radio o ci vedono in Tv dove non ci chiamano quasi mai. Hanno celebrato in grande spolvero i 30 anni di carriera della Pausini, i 50 anni dei Pooh. I nostri 60 anni sono passati quasi inosservati. Un po’ mi dispiace. Ma sono orgoglioso della nostra coerenza».

Anche un invito a Sanremo sarebbe stato se non doveroso auspicabile.

«Come ho già avuto modo di dire, per Sanremo non simo abbastanza belli. E comunque, in un Sanremo come quello di quest’anno, ci saremmo sentiti fuori luogo. Non ho potuto fare a meno di pensare a quando ci censurarono per la canzone “Dio è morto”. All’Ariston, Blanco ha potuto senza colpo ferire devastare il palcoscenico distruggendo i fiori. Così come il bacio tra Fedez Rosa Chemical che è servito solo a fare audience. Quando la televisione pubblica dovrebbe essere “educativa”. Ai nostri concerti vengono ragazzini di 12 anni con i loro genitori, e noi non ci permetteremmo mai di pronunciare parolacce. Così come non ci sono volgarità nelle nostre canzoni. Tante volte ci hanno dato per spacciati, ma siamo ancora qui. Con tutta la nostra storia alle spalle eppure attuali: forse che “Auschwitz” oggi non è contemporanea? E allo stesso tempo al pubblico lanciamo sempre un messaggio di positività, da “Dio è morto” in poi». Libertà, pacifismo, speranza: i nostri valori non cambiano. E non abbiamo maschere».

Se domani Augusto potesse essere lì con voi, sul palcoscenico, a festeggiare sessant’anni di Nomadi, come te lo immagini?

«Con la barba e la sigaretta in bocca. Perché Augusto è nato così». l

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