Gazzetta di Reggio

In scena

L’opera di Britten “Il giro di vite” in prima assoluta al Teatro Ariosto

L’opera di Britten “Il giro di vite” in prima assoluta al Teatro Ariosto

La ghost story tratta dal racconto di James diventa un viaggio negli abissi

19 maggio 2023
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Reggio Emilia “The turn of the Screw” (Il giro di vite) è l’opera di Benjamin Britten, con libretto di Myfanwy Piper, dall’omonimo romanzo breve di Henry James, che debutta in prima assoluta questa sera (ore 20) al Teatro Ariosto (in replica domenica alle ore 15.30), prodotto dalla Fondazione I Teatri Reggio Emilia, con Icarus Ensemble, diretto da Francesco Bossaglia, regia, ideazione scene e costumi di Fabio Condemi e scene e drammaturgia dell’immagine di Fabio Cherstich. Completano il cast artistico Gianluca Sbicca (costumi) e Oscar Frosio (luci), gli interpreti principali saranno: Florian Panzieri, Chiara Trapani, Laura Zecchini, Liga Liedskalnina.

“The turn of the Screw” è una ghost story su due bambini orfani, Miles e la sorella Flora, affidati a un'istitutrice in una grande dimora di campagna. A poco a poco l'istitutrice, giovane e inesperta, scopre che i bimbi subiscono l'influenza di due spiriti, quello di Peter Quint, ex domestico della casa, e quello di Miss Jessel, l'istitutrice precedente.

«Accostarsi ad un lavoro di Britten, in particolare ad un lavoro vocale, è un privilegio per qualsiasi musicista e “Turn of the screw” non fa eccezione – scrive il direttore Francesco Bossaglia –. Con la finezza della scrittura per le voci, Britten descrive un preciso ritratto psicologico dei personaggi e delle loro relazioni; uno degli aspetti più affascinanti del lavoro di un direttore d’orchestra o di un cantante è proprio quello di andare a ricostruire la vera e propria regia che l'autore ci suggerisce attraverso ogni piccolo segno della partitura». «Credo che “The turn of the Screw” di Benjamin Britten non sia solo una trasposizione musicale del racconto di Henry James – scrive nelle sue note il regista Fabio Condemi –. Credo che sia invece una profonda riflessione sui temi presenti nel racconto, un testo parallelo che dialoga, si avvicina e si distacca continuamente dall'originale in un confronto attualissimo. Al centro della vicenda raccontata in “Giro di vite” (1897) c’è un’assenza, un centro vuoto (questa la bellissima definizione di Pietro Citati) attorno al quale gravitano (come il falco della poesia di Yeats citata nel libretto dell’opera) i personaggi con i loro timori, le loro speranze, i loro sogni. La disputa sulla realtà\irrealtà degli spettri diventa secondaria in quest’ottica. La vera questione è interrogarsi su questo vuoto, su quest’assenza, che trascina tutti i personaggi in una spirale discendente e inarrestabile. James (e Britten) utilizzano una cornice narrativa per organizzare il loro racconto. Questa cornice innesca un meccanismo narrativo interessantissimo è il punto di partenza della nostra lettura dell’opera».

La vera questione è interrogarsi sul vuoto, sull’assenza che trascina tutti i personaggi in una spirale discendente e inarrestabile. Lo spazio scenico ideato da Fabio Cherstich è marcatamente installativo. «In “The Turn of the Screw” – spiega – lo spazio principale è quello di un sinistro deposito sotterraneo, un magazzino apparentemente abbandonato ma in continua trasformazione. Sullo sfondo di un montaggio dinamico e cinematografico di scene e quadri, l’azione drammatica acquista forza simbolica e concettuale in relazione alla spazialità. (…) Anche l’impianto scenico si presenta non come una scenografia architettonica, ma come dispositivo scenico fatto di scatole cinesi, piccoli set dal gusto cinematografico e una grande teca montata su binario - un diorama che ospita le scene principali dell’opera e dove esterno e interno confluiscono e si confondono». l

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