Gazzetta di Reggio

La mostra

Passato e futuro si rispecchiano nella metafora di pupa, pupae

Chiara Cabassa
Passato e futuro si rispecchiano nella metafora di pupa, pupae

Bambole e bambine di Francesca Tosi da sabato alla Galleria San Francesco

01 febbraio 2024
3 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia Ci sono rivoluzioni gentili, quanto potenti e inarrestabili, che si consumano tra incanti casalinghi e condivisioni affettive. Facendoci intravedere possibili e coraggiosi futuri a partire da frammenti di vissuto che tornano ad accendersi, da sopiti che sembravano, grazie a una realtà abbacinante e in felice divenire.

Anche questo racconta “pupa, pupae”, la mostra con cui Francesca Tosi torna alla galleria San Francesco, in perfetta cadenza con l’anno bisestile, dopo “Nell’ovale del salotto” (2012), “Personale riflessione” (2016) e “Sentinella, a che punto è la notte?” (2020) con Norberto Riccò. La personale inaugura sabato (ore 17) e si potrà visitare in via Bardi fino al 3 marzo tutti i pomeriggi dalle 16 alle 19.30 esclusi i lunedì e i giovedì. Ad accompagnare la mostra, un elegante catalogo con gli interventi del critico d’arte Michele Medici e della gallerista Giovanna Vezzosi. In galleria, il visitatore sarà invece accompagnato per mano dall’intrigante video di Massimo Dallaglio con il prezioso commento di Francesco Lenzini.

“Memorie in proiezione”: questo il titolo suggerito da Nino Squarza che, prima di andarsene, aveva in qualche modo dato il suo placet a questa nuova mostra di Francesca Tosi. Un titolo poi messo da parte per un più fresco, intimo e metaforico “pupa, pupae”. «Proprio Squarza – ricorda la pittrice – mi insegnò che a ispirarmi doveva essere quello che vedevo quotidianamente intorno a me. E dal momento che da qualche anno un giorno sì... e un giorno sì sono circondata dalle mie nipoti e dalle loro amate bambole, la scelta non poteva essere diversa».

Già, anche perché dal 2012 a oggi – sottolinea Giovanna Vezzosi – si è ribaltato tutto. «Francesca aveva accanto a sè un marito e due figli maschi, poi sono arrivate una dopo l’altra quattro nipoti, tutte femmine. Nella rivoluzione copernicana della sua vita familiare, intuisce il contenuto del reale e ne rappresenta la forma: forma che è sostanza e forza di pensiero, di un pensiero tutto femminile, anzi di femminismo estremo. Perché le donne sanno immaginare il futuro».

Ed è così che Olivia, Vittoria, Emilia e Matilde vivono il loro sogno di donne, di madri, di persone. Così come era accaduto a Francesca, che nell’ultima saletta della galleria ritorna bambina nel bel ritratto fatto dalla madre Nanda: lei con le sue bambole fra le mani.

«Francesca – scrive Michele Medici – ci schiude la sua finestra, mostrandoci uno spazio privato. Così noi, alla stregua di Alice, che si fa piccola come una bambola per accedere al Paese delle Meraviglie, entriamo nei suoi interni casalinghi, negli incanti di casa».

«Lo sguardo sulla propria discendenza – così Francesco Lenzini riferendosi all’artista conclude il suo intervento critico multimediale – si ricongiunge con il suo stesso tornare bambina chiudendo una circolarità che in fondo appartiene a ognuno di noi».  l

© RIPR