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Fotografia Europea 2024 nel segno de “La natura ama nascondersi”

Giulia Bassi

	La fotografia simbolo di Fotografia Europea: è di Arko Datto, protagonista di una mostra ai Chiostri di San Pietro
La fotografia simbolo di Fotografia Europea: è di Arko Datto, protagonista di una mostra ai Chiostri di San Pietro

Dal 26 aprile al 9 giugno. I Chiostri di San Pietro restano il fulcro

29 febbraio 2024
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Reggio Emilia “La natura ama nascondersi” è il titolo, nonché filo rosso, di Fotografia Europea 2024 che sbarca dal 26 aprile al 9 giugno 2024 in città.

Punto nevralgico, com’è oramai la tradizione di Fotografia Europea sono i Chiostri di San Pietro dove i curatori – Tim Clark (editor 1000 Words), Walter Guadagnini (storico della fotografia e direttore di Camera - Centro Italiano per la Fotografia) e Luce Lebart (ricercatrice e curatrice, Archive of Modern Conflict) hanno collocato ben dieci esposizioni.

Al piano terra, una mostra che cattura l'infinita mutevolezza delle nuvole in una collettiva, intitolata Sky Album. 150 years of capturing clouds a cura di Luce Lebart e Michelle Wilson, in cui si celebra la vastità e la bellezza delle immagini di nuvole e l’unicità della pratica di fotografare il cielo da parte di scienziati, dilettanti e artisti. Oltre centocinquanta opere raccontano questa passione a partire dagli albori della fotografia, dal francese Gustave Le Gray all’italiano Mario Giacomelli, passando dai lavori dell’americano Edward Steichen fino ai due artisti contemporanei chiamati a creare due installazioni, la finlandese Anna Ninskanen e il britannico Kalev Erickson.

Al primo piano, il progetto espositivo di Helen Sear, dal titolo Within Sight, presenta una serie di opere che esplorano la dissoluzione della prospettiva a lente singola associata all'obiettivo della macchina fotografica: un lavoro concettuale il suo che affonda le sue radici nell’interesse per il realismo magico e il surrealismo.

Yvonne Venegas con Sea of Cortez traccia una storia in equilibrio tra l’esperienza della sua famiglia - che ha abitato le miniere di rame di Santa Rosalia, nella Bassa California - e quella di un’intera generazione che ha sfruttato i territori intorno al Mar di Cortez, mentre il fotografo indiano Arko Datto, con il progetto The Shunyo Raja Monographies - sua è la foto dei manifesti del festival - porta all’attenzione dei visitatori la catastrofe climatica del Delta del Bengala, con ritratti e paesaggi che mappano l'erosione e il preoccupante innalzamento del livello del mare.

A seguire Matteo de Mayda, fotografo veneziano, espone immagini satellitari e al microscopio, che fanno parte del progetto There’s no calm after the storm, in cui indaga gli impatti a lungo termine e meno visibili della tempesta Vaia, che ha colpito il Nord-est dell’Italia alla fine del 2018. Si intitola Landscaping ed è interamente dedicata al paesaggio sudafricano la mostra di Jo Ractliffe ripreso durante i suoi viaggi in auto lungo la costa sud-occidentale mentre, nel grande corridoio centrale dei Chiostri, Natalya Saprunova espone il progetto Permafrost che racconta la vita delle popolazioni dell’estremo nord del continente asiatico. E ancora, la fotografa americana Terri Weifenbach in Cloud Physics esplora la vitale interconnessione tra le nuvole del nostro pianeta e le intime forme della sua vita biologica e Lisa Barnard con la mostra An Act of Faith: Bitcoin and the Speculative Bubble conduce alla riflessione sull’essenzialità della natura nella creazione di bitcoin, beni digitali che seppur immateriali richiedono un enorme sforzo ambientale.

La fotografa britannica documenta lo sfruttamento dell’energia geotermica in Islanda, necessario per sostenere il processo di estrazione mineraria: le fredde temperature islandesi, infatti, fanno sì che le masse di calore generate dall’hardware coinvolto, siano notevolmente ridotte, contribuendo a mantenere un microclima obbediente.

Infine, Bruno Serralongue dedica il suo progetto, dal titolo Community Gardens of Vertus, Aubervilliers, alla lotta che alcuni giardinieri hanno iniziato nel 2020 per opporsi all’abbattimento di oltre 4.000 metri quadrati di orti, a favore di nuove costruzioni per i Giochi Olimpici di Parigi 2024. Questo succede a meno di due chilometri da Parigi, ad Aubervilliers in Seine-Saint-Denis, il dipartimento più popolato della Francia e dove gli spazi verdi sono i meno numerosi. l

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