Dieci parole contro la guerra nella mostra “Humanity Lovers”
A Palazzo dei Musei l’esposizione per i 30 anni di Emergency
Reggio Emilia «Non è un percorso storico, la mostra espone le parole che costituiscono l’ossatura dell’associazione». Così Simonetta Gola, ideatrice del Festival di Emergency, da oggi in centro storico, racchiude l’anima della mostra “Humanity lovers” che inaugura alle 16 a Palazzo dei Musei. Per i 30 anni di Emergency, sono state scelti dieci termini per affrontare in maniera emblematica il tema della guerra, al centro dell’azione della Ong. Alcune parole, come uguaglianza e cura, sono naturalmente associate al tema, mentre altre, come cultura, bellezza e utopia, vengono difficilmente utilizzate in questo contesto. A ciascuna è dedicata una stanza e per accompagnare i vari concetti si sono scelte le citazioni di Gino Strada, fondatore di Emergency. Proprio lui utilizzò il termine “utopia realistica” come soluzione del conflitto, credeva infatti nel valore della speranza per realizzare il sogno di tutti: abolire la guerra in quanto crimine contro l’umanità. Insieme alle parole del fondatore, la curatrice della mostra, Stefania Vasques, ha preso in prestito il concetto di “abitare la possibilità” della poetessa Emily Dickinson. «Anche la cultura costituisce una cura alla violenza – spiega – poiché la conoscenza permette la comprensione del diverso e, come conseguenza, l’assenza di avversione verso il prossimo». Quest’ultima prospettiva è esposta attraverso delle installazioni interattive: pareti e tavoli ricoperti di libri aperti con delle matite accanto per poter sottolineare e commentare i testi. Un altro concetto centrale nella mostra, come nel Festival, è quello di comunità, alla base del lavoro di Emergency. Infatti, appena entrati nella mostra è possibile osservare molteplici ritratti fotografici. Estremamente esplicativo è un video collettivo, curato da Federica Ravera, nel quale vengono intervistate sia persone vicine all’associazione sia persone comuni sul significato del termine utopia e l’espressione “abitare il possibile”. Con queste due rappresentazioni viene cercato il contatto visivo con l’obiettivo di coinvolgere chiunque all’interno di questa lotta. È lo sguardo che distrugge l’impressione di essere esterni e immuni alla guerra: l’associazione vuole spingere i visitatori a considerarsi parte della soluzione. «Ognuno di noi può contribuire» dice Ravera. È simbolico il fatto che gli artisti e i professionisti che hanno costruito l’esposizione si sono offerti come volontari, mettendo gratuitamente a disposizione le loro abilità. Sono stati coinvolti anche i bambini del campo estivo organizzato da Emergency per costruire dei pappagalli verdi di carta, simbolo delle mine anti-uomo. Per la curatrice Vasques è fondamentale veicolare un messaggio di positività, soprattutto rivolto alle nuove generazioni. «Spesso i media, con le loro giuste ma atroci rappresentazioni della violenza, e il contesto sociale di inizio XXI secolo, spingono a pensarci impotenti e succubi del nostro presente» commenta. Con questa mostra si vuole spingere a scegliere di poter cambiare le cose, come ogni giorno fa Emergency.