Il 23enne massacrato in stazione: «È stato un regolamento di conti»
Sono arrivati in cinque da Piacenza per “sistemarlo” per fatti di droga
Reggio Emilia Sono cinque i tunisini che sabato 19 ottobre sono partiti da Piacenza diretti a Reggio Emilia per regolare i conti con un connazionale che vive in città per fatti legati allo spaccio. Solo due di loro, però, hanno agito. Uno lo ha aggredito con un coltello, ferendolo con un fendente al fianco destro, l’altro ha provato a investirlo con un furgone. Il ferito, un tunisino di 23 anni, ha riaperto gli occhi solo cinque giorni dopo il tentato omicidio. Fortunatamente, grazie alle due operazioni salvavita che ha subito in 48 ore al Santa Maria Nuova, è fuori pericolo: sopravviverà. Martedì mattina il primo aggiornamento fornito dalla polizia di Stato sul grave fatto avvenuto quella sera in piazzale Marconi ha riguardato proprio le sue condizioni di salute.
«Ha vissuto giorni di agonia che, in alcuni momenti, sembravano far disperare ma per fortuna non corre più pericolo di vita» ha detto il questore di Reggio, Giuseppe Maggese, ai giornalisti convocati in conferenza stampa, sottolineando la prontezza della polizia di Stato, nello specifico della squadra mobile che ha investigato sulla vicenda, a fermare i responsabili: Ismail Messaoud e Najmeddine Gaddour, rispettivamente di 23 e 26 anni, che lunedì mattina sono finiti davanti al Gip per l’interrogatorio di garanzia. Il giudice Vincenzo Riganti – come vi abbiamo raccontato sulla Gazzetta di martedì – ha confermato il fermo e applicato per entrambi la misura di custodia cautelare in carcere in attesa del processo che verrà celebrato a Reggio Emilia, dove si sono svolti i fatti. Dovranno rispondere di tentato omicidio.
Le indagini – come ricostruito da Cristian Dell’Atti, dirigente della seconda sezione Reati contro la persona e i minori – si sono svolte in maniera tradizionale e centrale, insieme all’intuito e alla capacità degli investigatori, è stato il ricorso alle telecamere di videosorveglianza dunque alla visione, da parte degli uomini e delle donne della polizia di Stato, di ore ed ore di filmati che hanno permesso di ricostruire passo dopo passo le fasi dell’agguato.
In centro storico
Tutto è cominciato in via Filippo Re, dove il gruppo di tunisini ha raggiunto il connazionale reggiano che, secondo la polizia Stato, apparterrebbe con tutta probabilità a una banda rivale. La lite però è degenerata più tardi in zona stazione, precisamente nel piazzale antistante la stazione ferroviaria. Intorno alle ore 21 le telecamere hanno ripreso una lite con protagonisti un giovane (il 23enne rimasto gravemente ferito) e altri due coetanei (Ismail Messaoud e Najmeddine Gaddour, due dei tunisini arrivati a Reggio da Piacenza). Dopo un reciproco lancio di bottiglie di vetro, Messaoud e Gaddour sono entrati in azione. Il primo, sfruttando la copertura di un furgone, si è avventato sul 23enne afferrandolo per la maglia, tirandolo a sé e sferrandogli diversi fendenti con un coltello (che non è stato ancora trovato).
Uno di questi, come sappiamo, è andato a segno mentre gli altri fortunatamente no. A questo punto Gaddour, che si trovava alla guida di un furgone in attesa del complice, ha puntato il 23enne ferito provando a investirlo per ben due volte, senza però riuscirci. In un caso, infatti, si è scagliato contro una macchina parcheggiata vicino a lui, nell’altro ha abbattuto una stazione di ricarica per le auto elettriche. «Le urla e la tenacia del 23enne ferito hanno indotto gli aggressori a darsi alla fuga», ricostruisce la polizia di Stato. A quel punto si è accasciato a terra esanime a pochi metri di distanza dal luogo dell’accoltellamento, perdendo conoscenza. Oltre a fatti legati alla droga, che secondo gli investigatori sono stati la motivazione principale della spedizione punitiva, sembra che a creare dissapori fra il gruppo di tunisini di Piacenza e il loro connazionale rivale di Reggio ci sia stata anche la contesa di alcune donne che gravitano, proprio come loro, attorno al mondo dello spaccio. l