Poviglio, l’argine è crollato per le nutrie: una ricerca lanciava l’allarme nel 2014
Stefano Orlandini, l’attuale commissario per la Diga di Vetto, è coautore di uno studio sui rischi delle tane degli animali
Poviglio Sono state le nutrie a provocare il cedimento dell’argine del Canale Casalpò, avvenuto nella notte tra sabato e domenica a Poviglio. L’ipotesi - la più accreditata - è emersa in seguito ai primi rilievi effettuati dopo l’intervento d’urgenza che ha permesso di ripristinare la funzionalità del canale e mettere in sicurezza via Bertona, interessata da un allagamento. Il Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale, che ha gestito l’emergenza, sta conducendo in queste ore ulteriori approfondimenti per verificare l’eventuale presenza di tane attive.
Il rischio legato agli animali scavatori è noto da tempo a chi si occupa di sicurezza idraulica. Stefano Orlandini, professore ordinario di costruzioni idrauliche all’Università di Modena e Reggio Emilia e attuale commissario straordinario per la diga di Vetto, aveva già documentato nel 2015, insieme al collega di dipartimento Giovanni Moretti e a John D. Albertson (Cornell University, Ithaca, New York, Usa), i danni potenziali legati alla presenza di tane lungo gli argini. Pubblicata sulla rivista Water Resources Research, l’analisi prendeva in esame i crolli arginali avvenuti nel gennaio 2014 lungo il Secchia e il Panaro. In entrambi i casi, nei punti di innesco del cedimento erano state rilevate tane di tassi, istrici, volpi e nutrie.
«I cunicoli scavati da questi animali diventano vie preferenziali per l’acqua, favorendo l’erosione interna e il collasso dell’argine», si legge nello studio. Gli animali indicati come più pericolosi sono tassi e istrici, ma anche le nutrie - subito dopo le volpi - figurano tra le specie in grado di mettere a rischio la stabilità degli argini. Nel canale di Poviglio è stata rilevata anche la presenza di gamberi, che a loro volta scavano tane che possono avere un impatto negativo. Il Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze ha dedicato studi specifici sui rischi del gambero della Louisiana e collabora a progetti mirati a contenere l’impatto di questa specie aliena che è diffusa anche da noi.