Incendio Inalca, c’è l’ipotesi del rogo doloso: il cane Max a caccia di sostanze acceleranti
Si tratta di un pastore belga del Nia, il nucleo investigativo antincendio proveniente dalla Sicilia
Reggio Emilia Si segue la pista dolosa nelle indagini, coordinate dalla Procura, per capire le cause del rogo divampato all’Inalca l’11 febbraio. Lunedì è arrivato sul posto il Nia, ovvero il nucleo investigativo antincendio proveniente dalla Sicilia, insieme al pastore belga Max, di quattro anni, l’unico cane in Italia specializzato nella ricerca degli acceleranti di fiamma sugli incendi.
Lunedì il cane era con il suo conduttore allo stabilimento Inalca ridotto a uno scheletro dopo il rogo devastante di febbraio. Il pastore belga riesce a cercare l’eventuale presenza di sostanze usate per alimentare le fiamme nel contesto di roghi dolosi. Max è un Arson Dog: è già stato protagonista in contesti investigativi anche con polizia e Ris. L’arrivo di questo cane sullo stabilimento può voler dire che si segua l’ipotesi di un rogo doloso.
Mentre si aspetta di capire quale indirizzo prenderanno le indagini, sul fronte occupazionale scotta il caso dei 90 operai della ditta che aveva un appalto logistico all’interno di Inalca. Si chiama Fabbrica del Lavoro e il suo personale è in grave difficoltà. «Il titolare non ha anticipato un euro di cassa integrazione né si è fatto carico di coprire la differenza del 20 per cento tra lo stipendio intero e la cassa. Questa è una scelta che ha compiuto, invece, Inalca per il suo personale. La situazione è drammatica dato che ai lavoratori non è ancora arrivato l’assegno di cassa integrazione. Parliamo di decine di famiglie costrette, se le cose non cambieranno in fretta, a trascorrere una Pasqua in povertà - spiega Gaetano Capozza, segretario della Fit Cisl a Reggio Emilia -. Non è così che devono funzionare le cose e ci indigna il comportamento aziendale, completamente indifferente alle sollecitazioni e alle richieste di documentazione. Stiamo parlando di operai che hanno fatto un lavoro durissimo e fondamentale, erano loro che introducevano la materia prima all’interno del ciclo produttivo di Inalca, permettendo il funzionamento del gigante della carne. Ora dobbiamo fare in modo che si sblocchi la partita della loro cassa integrazione, poi avremo un’altra emergenza: la cassa integrazione coprirà questi uomini e queste donne fino all’8 di agosto. Se il datore di lavoro non riuscirà a rioccupare il personale in altri appalti sul territorio, la cassa non potrà essere rinnovata. Attenzione perché il personale di Fabbrica del Lavoro è composto da molte madri che non hanno potuto accettare le trasferte fuori provincia, per poter seguire figli, anziani e famiglia».
Le risposte mancano anche in merito alla possibilità di riportare a Reggio gli oltre 300 lavoratori che erano impiegati in via Due Canali. Tre le domande sul tavolo: Inalca vede un nuovo futuro a Reggio Emilia? E dove potrebbe ripartire il polo delle carni, in che area? Quanto a lungo potranno reggere i lavoratori Inalca che ogni giorno, da quasi due mesi, stanno facendo avanti e indietro da Piacenza (principalmente) a bordo delle navette che partono da Reggio? Sono i tasselli dell’enorme puzzle andato in pezzi il 10 febbraio con l’incendio. Per ricomporre tutto occorre che imprese e Istituzioni trovino una linea d’azione. © RIPRODUZIONE RISERVATA